Passo dopo passo, uno accanto all’altro sulla via del dialogo. E’ la strada che stanno percorrendo le comunità ebraica e musulmana di Firenze, attive protagoniste della “Settimana di gemellaggio tra comunità ebraiche e musulmane in America ed in Europa” che oggi vedrà i rappresentanti locali delle due fedi religiose allo stesso tavolo in un incontro dal titolo ““Ebrei, Musulmani e Cristiani nella costruzione di un nuovo umanesimo: testimonianze e prospettive” (leggi). Al rabbino capo Joseph Levi e all’ imam Izzeddin Elzir, presidente Unione delle Comunità Islamiche d'Italia agenziaimpress.it ha chiesto a che punto è il processo di conoscenza e di dialogo tra le due comunità nella realtà toscana.
Come si costruisce il dialogo tra ebrei e musulmani?
Rabbino Levi: «Il dialogo si costruisce parlando delle cose concrete della vita quotidiana. E quindi anche di pratiche religiose e culturali. Se si pensa ai contenuti culturali si nota come Islam ed Ebraismo avessero molto in comune in epoca medievale. Dopo c’è stato un allontanamento e una nuova divisione in ambito cristiano e nel contesto turco-arabo. Siamo ad un punto molto interessante. Si è capito su più fronti di andare a ricercare la vicinanza del passato per costruire un cammino comune. Negli Usa e in Europa ci sono varie fondazioni che operano in questa direzione. Non tanto per studiare le differenze quanto per conoscere, e in tal senso dobbiamo menzionare anche il Cristianesimo, l’origine comune delle religioni monoteiste. Applicare questa conoscenza sarà la prossima sfida».
Imam Elzir:«Il dialogo si costruisce partendo dalle cose piccole. A Firenze musulmani e ebrei lo hanno fatto dieci anni fa: ci siamo incontrati con l’aiuto della realtà cristiana e, grazie al terreno culturale che abbiamo trovato, abbiamo cominciato un cammino di dialogo interreligioso. Questo dialogo oggi è cresciuto e possiamo organizzare veri e propri gemellaggi tra moschea e sinagoga. Così il rabbino viene in moschea a tenere conferenze e l’imam entra in sinagoga. Abbiamo accorciato le distanze e abbattuto tanti luoghi comuni che generano pregiudizi».
Islamofobia e antisemitismo sono due problemi molto attuali. Secondo voi come si possono superare?
Rabbino Levi: «Quando la cultura è in difficoltà cerca i colpevoli altrove. E su questo aspetto conosciamo bene le drammatiche conseguenze e ripercussioni subite nella storia dall’Ebraismo. Oggi assistiamo ad un’operazione di “ethnical understanding" che per la prima volta si mosse negli Stati Uniti con Martin Luther King e con gli ebrei statunitensi che abbracciarono le cause delle minoranze africane e musulmane. Il tema si è ripresentato fortemente dopo l’11 settembre e nuovamente c’è stata una causa comune sul fronte della lotta per i diritti umani e contro le discriminazioni culturali e religiose. L’Europa è oggi il nuovo fronte. C’è chi vorrebbe chiudere la porta a pratiche religiose diverse rispetto al Cristianesimo. E questo rappresenta una nuova cesura anche sul fronte culturale».
Imam Elzir: «Islamofobia e antisemitismo sono due problemi gravi ma il dialogo è uno strumento molto importante per superarli. Bisogna lavorare sull’educazione nelle scuole per presentare ai più piccoli le diverse fedi religiose esistenti in modo giusto e equilibrato».
Come si vince la paura di ciò che non si conosce? Come si impara a rispettarsi?
Rabbino Levi: «La paura di ciò che non si conosce si vince conoscendo le cose. Il destino dell’umanità è legato all’altro e al diverso. Ogni cultura è contaminata dalle altre. Quando una persona mette al mondo un figlio, questo viene immediatamente proiettato nel futuro in una realtà nuova che sarà necessariamente legata a ciò che è diverso e alle potenzialità dell’altro. Così si fa la storia. E cioè con il coraggio e la consapevolezza che le culture e le religioni diverse dalla nostra hanno potenzialità ancora non conosciute e che ci potranno arricchire nel prossimo futuro con un tesoro comune di conoscenze».
Imam Elzir: «Per aiutare gli adulti a vincere la paura dell’altro e di ciò che non si conosce a fondo, sentimenti che spesso generano l’islamofobia e l’antisemitismo, bisogna aprire le moschee e le sinagoghe ai cittadini, far vedere quali attività si svolgono al loro interno. La conoscenza è l’unico strumento che genera tranquillità. Bisogna vincere la paura di ciò che è diverso con il confronto e con la reciproca conoscenza che non vuol dire cancellare la propria identità. Anzi, scoprire chi ognuno di noi è ci fa aprire al dialogo con gli altri».