Nei giorni in cui si decide il destino di Banca Mps e della Fondazione Mps, riceviamo e pubblichiamo qui di seguito il parere del Circolo Sena Civitas
Non è la prima volta che il destino di Istituzioni senesi si decide nei mesi estivi, quando imperversa la febbre del Palio e molti cittadini sono in ferie. A differenza però del passato, questa volta il quadro sembra sufficientemente chiaro e le sorti quasi segnate. Prendiamo il caso di Banca Monte dei Paschi.
Il nuovo ed ennesimo aumento di capitale è già in programma; è pressoché certo che la Fondazione non parteciperà, scendendo dall’iniziale 87% di proprietà della Banca, recentemente divenuto 1,49%, a un esiguo 0,30%.
I 50-60 miliardi di euro andati in fumo ormai sono storia passata e la nuova proprietà del Monte dei Paschi, quale essa sia nel nuovo assetto, non dovrà trattare con il le Istituzioni territoriali e con la comunità senese proprio a causa dalla insignificante partecipazione della FMPS.
In questo quadro, considerato che in BMPS lavorano circa 5.000 senesi (oltre all’indotto pur residuale), la sola cosa possibile è spingere il Governo, la Banca d’Italia e gli altri attori italiani del momento, per quanto possibile e consentito, verso una soluzione che veda acquistare una quota rilevante delle azioni MPS da parte di una Banca straniera che non sia già radicata nel territorio italiano.
Se questo si verificasse, si potrebbe ipotizzare un dimagrimento nel tempo della “Direzione Generale”, e forse potrebbero rimanere a Siena alcune delle sue funzioni più importanti. Questo potrebbe avvenire anche se il Monte non avrà più il ruolo di Capogruppo ma sarà una Banca di proprietà di altri.
Si presenterebbe, in pratica, uno scenario simile a quanto avveniva quando era il Monte a comprare.
Basta ricordare la politica seguita da BMPS successivamente alle acquisizioni (a titolo esemplificativo e non esaustivo) del Credito Popolare Calabrese, del Credito Commerciale, della Banca Cavese, del Banco di Canicattì, della Banca di Messina, della Banca Agricola Mantovana, del Credito Lombardo, della Banca Toscana, delle banche acquistate all’estero ecc. ecc. per finire poi con i due “capolavori” della la Banca del Salento (denominata poi Banca 121) e della Banca Antonveneta. Tale impostazione prevedeva, da parte della Banca MPS, una limitazione delle autonomie delle banche acquisite, oltre ad accentramenti operativi presso la Capogruppo MPS di parte delle funzioni.
Considerato, quindi, che il Comune di Siena e la Fondazione MPS ormai non possiedono nessun titolo contrattuale effettivo, sarebbe opportuno che lo sguardo dei senesi si rivolgesse verso la Fondazione MPS che, nonostante le passate gestioni abbiano prodotto la perdita di circa il 96% del patrimonio iniziale, mantiene ancora in “cassaforte” oltre 400 milioni di euro.
Non si tratta più di circa 12 miliardi di euro della dotazione iniziale, ma anche 400 milioni, se ben amministrati e messi a reddito, possono ancora essere utili per Siena e il suo territorio.
Con la “diligenza del buon padre di famiglia”, bisognerebbe subito rafforzare e consolidare il patrimonio, riducendo ulteriormente sprechi e rapportando la vigente tecnostruttura alle esigenze attuali.
Quindi, niente erogazioni a pioggia, centellinare i futuri contributi solo su progetti che creino effettivo valore aggiunto e nuova occupazione (progetti capaci di camminare economicamente con le proprie gambe), sempre mantenendo ferma la barra del rafforzamento patrimoniale.
Questo porta a dire il buonsenso e l’amore per la nostra città.
Stiamo parlando di cose consentite anche dal nuovo Statuto (approvato dal MEF nel giugno 2016) per una Fondazione costretta a seguire e ricercare nuove strade, che mantiene nel nome la dizione “Monte dei Paschi di Siena” solo a ricordo e onore di una gloriosa storia passata.