Non è bastata la Pasqua né la Pasquetta. Ancora niente. Tutto congelato a vuote dichiarazioni d’intenti. Roma non era mai stata così vicina a Siena come in questi giorni. E pensare che un tempo i politici senesi si facevano beffe delle logiche che impastoiavano la politica nella capitale.
Ai tempi d’oro del Sistema-Siena si vantavano di una presunta superiorità, mentre la città sembrava sfornare strateghi e banchieri di alto profilo e, soprattutto, apprezzati e stimati amministratori. È bastato poco e tutto si è rovesciato. Anzi, tutto si è omologato, in peggio. E la Corte dei Conti recentemente ha confermato la profezia di Ambrogio Lorenzetti sugli effetti del Buono e del cattivo Governo.
Mentre a Roma il premier incaricato Pierluigi Bersani, che “non ha vinto le elezioni ma è arrivato primo” (come disse il segretario del Pd all’indomani del voto), traccheggia, prende tempo e gingilla per lunghissimi giorni, a Siena Giulio Carli e Niccolo Guicciardini (rispettivamente segretario dell’unione comunale e segretario provinciale) ci fanno assistere ad eguale e altrettanto snervante melina. Con il risultato che ad un mese dal voto gli italiani non hanno ancora un Governo (ma hanno un premier incaricato congelato che di fatto non ha rinunciato) e i senesi non hanno ancora il nome del candidato del centrosinistra a poche settimane dal voto.
“Abbiamo vinto spetta al Pd fare una proposta”, diceva Pierluigi Bersani. Ma poi non è riuscito a formare nessuna maggioranza parlamentare. “Da giorni lavoriamo per ricercare proposte di candidature in grado di ottenere il più ampio consenso possibile”, dicevano la settimana scorsa al Pd senese, ma ancora non hanno indicato nemmeno una delle candidature possibili. Mentre oggi, indicato come ultima data utile dagli alleati Sel e Riformisti per discutere di una comune candidatura, è stata convocata e disdetta per sms due ore prima l’assemblea e la direzione comunale. In via Rosi (dove ha sede la federazione provinciale e dove, dicono, da giorni si discuta fittamente alla presenza di Franco Ceccuzzi ma senza consultazioni allargate modello Bersani) si sono presi altre 24 ore di tempo e una lunga notte insonne per trovare un nome che metta tutti d’accordo.
Un partito che fino a pochi anni fa si vantava di essere migliore dei suoi stessi vertici nazionali (più iscritti, percentuali di votanti più alte, più feste estive) sembra oggi ridotto ad uno sparuto gruppo di dirigenti che non riesce a smacchiare il giaguaro che ha dentro di sé. La batosta patita alle primarie dello scorso novembre (dove Matteo Renzi vinse di gran lunga in provincia e in città) anziché aprire il gruppo dirigente al nuovo che avanza, ha incattivito ancora di più gli animi dell’apparato che si era stretto intorno a Franco Ceccuzzi. Mentre i renziani sono ormai visti come ospiti sgraditi, ultimi in ordine di tempo dopo le espulsioni silenziose o rumorose degli ultimi mesi.
“Sembra quasi che ci vogliano spingere fuori dal Pd accontentandosi di mantenere il controllo di un partito mentre intorno tutto crolla o vacilla. Queste sono le ultime ore che abbiamo a disposizione per ricomporre un progetto unitario anche se non unanimistico e credo sia questo ciò che i cittadini vogliono da noi. Possibile che le primarie facciano così paura?”, ha sbottato questo pomeriggio Bruno Valentini, renziano della prima ora che intende candidarsi a future quanto improbabili primarie di coalizione o di partito. Per adesso però nessuno si è fatto avanti per riempire il vuoto lasciato dalla candidatura “ufficiale” (passata al vaglio di primarie flop dello scorso gennaio) Franco Ceccuzzi e i nomi sono stati sacrificati uno dietro l’altro: Luca Ceccobao, Massimo Vedovelli, Fulvio Bruni, Anna Ferretti, Luigi Marroni, Massimo Bianchi, Alessandro Mugnaioli, Francesca Vannozzi e, ultimo in ordine di tempo un non ancora identificato contradaiolo dell’Onda.
Un vuoto di proposte che ha mostrato a tutti la visione corta di una strategia che per anni non ha avuto a cuore la formazione una classe dirigente autonoma e preparata. Un grave errore strategico che oggi sta pagando non solo il principale partito della città il Pd, ma tutto il centrosinistra e l’intera città.
Per domani sono previste altre, chissà se definitive, riunioni del Pd e di Sel e Riformisti. Speriamo che la notte, come nella celebre lirica di Giacomo Leopardi, sia dolce, chiara e senza vento. Anche se da lontano si sente una brezza che potrebbe finire per sconvolgere tutto. A Roma è già arrivata e si vede. Intanto a Siena si continua a gingillare.
Ah s’io fosse fuoco