Le vicende che hanno coinvolto la Banca Monte dei Paschi di Siena, unite alla crisi economica, hanno determinato «la paralisi dell’indotto sociale ed economico» del senese. Ci voleva un giudice per dire con chiarezza come stanno le cose. Perché la crisi dell’indotto Mps, significa paralisi diffusa e non solo per l’indotto, ma per interi comparti economici della città. Il presidente del tribunale di Siena, Mauro Bilancetti, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha aggiunto altre considerazioni opportune: «Sul piano delle considerazioni socio-criminali – ha detto – il tessuto economico sociale della provincia senese, sicuramente dotata di risorse economiche e di una complessiva agiatezza, ha subito la ricaduta, sotto ogni livello, della gravissima situazione finanziaria della Banca Mps».
Ci vorrebbe più chiarezza e verità soprattutto da parte delle forze politiche di maggioranza. Siena è paralizzata. Lo dicano forte e chiaro: non è affatto partita la rinascita di una nuova economia della città. Tante chiacchiere, ma nessuna concretezza. La partecipazione alla sfida per la capitale europea della cultura – al momento – non si è tradotta in progetti da concretizzare secondo tempi previsti e prevedibili. I 40 milioni della Regione, il famoso piano B dopo la sconfitta, non è vero che non ci sono. Solo che per essere attivati hanno bisogno di progetti erogabili entro le regole e le dinamiche dei progetti europei. Quindi, ci vuole l’arrosto e non il fumo.
La Cittadella dei sapori senesi in Fortezza? Bene. Subito i fatti, i possibili posti di lavoro – che prevedano più di un solo assunto, possibilmente – risorse: in un mese si può fare il piano di fattibilità. Bologna si è già mossa per tempo con Exbo-City of Food. Modena ha insediato il Villaggio del Gusto nella Galleria Civica, inducendo il senese Marco Pierini, che del Museo era direttore, alle dimissioni. L’Expo alle porte vede anche l’amministrazione comunale senese in moto: ma è anche importante che la città non abbia il solito atteggiamento autolesionistico e distruttivo anche verso l’Expo. Lo snobismo dei “benaltristi” stava bene nella città dei soldi a sbafo, non oggi. L’Expo sarà brutto, sporco e cattivo, ma è una grande opportunità soprattutto per città come Siena.
Siena Biotech? Che vuole dire il messaggio cifrato del liquidatore, diffuso giovedì dall’Ansa, che recita: «C’è necessità ancora di una settimana per chiarire alcuni fattori utili alla definizione di un quadro per la liquidazione, laddove possibile di continuità». Che vuole dire soprattutto, quel tema della continuità? La Fondazione Mps dopo aver tagliato i rifornimenti a Siena Biotech, tramite giornali, ora ci ripensa? Anche qui, per favore, chiarezza, visto che trattasi di posti di lavoro ma anche di un settore delicato e decisivo per la città futura. E comunque sarà sempre tardi per capire quale debba essere, per il bene comune della città, il ruolo della Fondazione MPS. Se l’aumento di capitale futuro sarà superiore ai 2,5 miliardi, salirà anche la quota di 65 milioni che per ora dovrebbe sborsare la Fondazione per partecipare all’aumento. Fino a quale cifra potrà restare al tavolo?
E il Santa Maria della Scala? L’assessore Massimo Vedovelli, annunciando gli Stati Generali della Cultura a febbraio, dice che si sta ripensando il modello. Siccome Ministero e Regione vogliono stare sempre più lontani dalle Fondazioni partecipate – bastava seguire il Rossi-pensiero almeno da due anni per capirlo – allora la Fondazione potrebbe non andar più bene. Meglio un Consorzio. Un Consorzio di che? Di debiti? Chi mette le risorse è la priorità. Stanno dentro il famoso Piano B? Bene allora, chiarezza: si dica con precisione, non si parli solo di «visione strategica», ma di concrete operazioni che stanno dentro ad una pianificazione di fattibilità.
Le parole non bastano più. Né dei “governativi”, né dei “contras”. Ci vuole, più che la partecipazione ai campionati delle capitali di “chissacosa” che restano fini a se stesse, una elaborazione strategica precisa e rapida sul fronte delle previsioni occupazionali in senso generale, per Siena. Cultura, turismo, biotecnologie? Bene. Si vada verso un vero e proprio “Piano regolatore del lavoro possibile”, da realizzarsi in pochi mesi, affidato ad esperti di pianificazione del lavoro, che facciano capire che Siena sarà, sul fronte economico, nel medio e nel lungo periodo, dal punto di vista delle possibilità di lavoro. Con numeri basati su una previsione attendibile, che dica la verità. E faccia capire, soprattutto ai più giovani, se vale la pena lottare per continuare a vivere nella città più bella del mondo, oppure – drammaticamente – se i disastri delle precedenti classi dirigenti locali, votate al servilismo più ottuso e ad una diffusa incompetenza (salvo poche eccezioni), nonché avvantaggiate dalle relazioni nazionali con big del calibro di Massimo D’Alema e Giuliano Amato, abbiano come effetto anche l’impossibilità di dare lavoro alle future generazioni di senesi.