Ma a Siena il partito democratico c’è ancora? Oppure è definitivamente sciolto? O peggio non è più democratico? Un tempo, vanto degli iscritti, si sosteneva che Siena avesse il partito più organizzato e capace di raccogliere migliaia di voti con percentuali di consensi superiori al resto d’Italia. Dopo le primarie del 25 novembre e 2 dicembre scorsi abbiamo scoperto che la maggioranza di quelle percentuali è contraria alla nomenclatura. Vuole il cambiamento, non vuole i soliti nomi che dirigono il partito da vent’anni, e vota Renzi. Non uno di destra ma uno dello stesso Pd, solo con la voglia di fare e di cambiare metodi e volti.
A Siena, invece, la nomenclatura fa spallucce. Minimizza e anzi prova a sostenere che “bisogna saper cogliere fior da fiore”, il meglio del renzismo ma anche il meglio del bersanismo. Un chiaro modo per non cambiare niente e nessuno.
Il Partito democratico a Siena sembra anestetizzato alle posizioni della nomenclatura e non si scuote nemmeno di fronte al voto dei suoi elettori. La vicenda del regolamento delle primarie, caso unico di norme ad candidatum, che favorisce solo l’ex sindaco Franco Ceccuzzi e non permette ad altri, il renziano Bruno Valentini, di sottoporsi al giudizio degli elettori del centrosinistra è evidente. E non valgono a niente i dubbi e le richieste di ripensamento espressi pubblicamente dai Socialisti-Riformisti e timidamente anche da Sel. A dimostrazione di quanto vengono tenuti in considerazione gli alleati da parte della nomenclatura del Pd. Così come non valgono le dure prese di posizione di importanti dirigenti del partito cittadino.
Eppure, occorrerà che il partito si scuota, abbia un moto di orgoglio e, direi, di dignità. Gli iscritti, pare, stanno diminuendo, così come i volontari delle Feste democratiche, le prese di distanza pubbliche stanno aumentando così come in molti se ne vanno in silenzio o per appoggiare altri candidati. Nonostante questo, molti iscritti vengono bollati come eretici e, sebbene non sospesi, non sono ammessi al voto e nemmeno al pubblico confronto. Una situazione ormai intollerabile che dovrebbe chiamare all’azione i vertici provinciali, regionale e nazionale. Mentre invece tutto tace. Perché?
Io, che sono cresciuto in un contesto politico (del quale ho studiato la storia e gli uomini) dove se eravamo in 3 vi albergavano 4 idee diverse, non riesco proprio ad appassionarmi a questo partito (sebbene conservi dal 2007 il “certificato di fondatore” del Pd) che non ammette il confronto tra posizioni diverse. Il socialismo, come l’appartenenza ideale alla sinistra, comprende la libertà dell'uomo e soprattutto del pensiero, a differenza di altre forme ideologiche che il pensiero lo confezionano e impongono senza discutere (così il comunismo così certa chiesa così le dittature così una cultura conformista e conservatrice oggi dominante).
Questa nomenclatura piddina , invece, ha eletto i suoi Idoli e non li discute. Ha le sue strategie politiche e i suoi uomini e se provi a criticarli allora sei dichiarato fuori, out, eretico, venduto. Tutto questo però ha una parola: conformismo e conservazione.
Personalmente mi hanno rotto – lo ammetto – le Primarie quando sono “farlocche” (non comprendo molto nemmeno quelle vere, ma insomma), e molti degli idoli che stanno nel Pantheon democratico: la Littizzetto che dice parolacce in tv (è vecchia come il cucco la tecnica che se dici parolacce la gente ride), il politicamente corretto di Fazio, la De Gregorio che pontifica, i mandorlati domenicali di Scalfari sul “suo” giornale, Gramellini che fa le prediche in tv, Saviano che moralizza, Benigni che insegna. E l’altra sera su Rai1 anche il folletto più irriverente d’Italia mi pareva stanco, poco convinto e poco convincente. Un po’ come questa nomenclatura, come questo partito democratico, come questa sinistra italiana.
Però, Benigni ha detto una cosa che mi sono segnato: “bisogna amare la Politica perché chi non ama la Politica non ama la vita”. Giusto. Sono convinto che anche alla nomenclatura è piaciuto. Ma a me che amo la vita non piace questa politica che piace alla nomenclatura. E allora che fare?
Ah, s'io fosse fuoco