Una vita interrotta drammaticamente su un campo di calcio. La triste vicenda di Piermario Morosini, centrocampista del Livorno deceduto sabato a Pescara durante l’incontro valido per il campionato di Serie B, ha fatto il giro del mondo commovendo tutti e decretando addirittura la sospensione di ogni evento calcistico previsto nella domenica italiana. Il silenzio negli stadi a fare da cornice alla commozione di chiunque abbia visto le immagini tv di quel ragazzo che si accascia al suolo, prova a rialzarsi, cade di nuovo ed ancora con l’ultima energia rimasta prova a tirarsi su ma invano.

Fermi tutti Lacrime e sbigottimento sugli spalti, rabbia per quella macchina dei vigili urbani che impediva l’accesso al campo dell’ambulanza presente nella pista dello stadio pescarese (stamani si è autosospeso il vigile urbano della vettura che ostruiva il passaggio del mezzo di soccorso) e la disperazione dei compagni, tifosi e avversari dopo la notizia del decesso arrivata circa un’ora dopo il malore in partita. Da lì in poi solo chiacchiericcio mediatico ed anche un minimo accenno di polemiche sulla decisione della Lega calcio di sospendere tutti i campionati italiani (anche il nodo ‘slittamento/recupero’ ha trovato pareri discordanti). C’è infatti chi ha voluto sottolineare come la morte di un giocatore finisca sempre in prima pagina mentre le morti bianche, di operai che cadono dai cantieri in costruzione per fare un esempio, troppo spesso rimangono sottaciute. Non ci sembra il caso di prendere una posizione in tal senso, anche se una morte bianca toglie il sonno: quella di un giovane che gioca a calcio infrange un sogno.

I precedenti Sogni che ultimamente però stanno facendo crack troppo spesso sui campi di calcio. Se i precedenti risultavano dei casi assolutamente passati negli scorsi decenni (Giuliano Taccola della Roma nel 1969 e Renato Curi del Perugia nel 1977, entrambi ventiquattrenni), negli ultimi 10 anni purtroppo la cadenza dei malori e dei decessi in campo è aumentata in maniera esponenziale. Nel 2003 Foe del Camerun durante la Confederation Cup (28 anni), Feher del Benfica l’anno successivo (24 anni), Antonio Puerta del Valencia a 22 anni nel 2007, O’Donnell del Motherwell (Scozia) nello stesso anno. E poi Jarque dell’Espanyol e il giapponese Matsuda durante gli allenamenti delle rispettive squadre. Calciatori più o meno giovani crollati esanimi su un campo di calcio senza più riuscire a rimettersi in piedi.

L’obbligo del defibrillatore in campo E c’è chi punta il dito sugli impegni troppo pressanti e ravvicinati di stagioni diventate ormai lunghissime ed estenuanti anche per i fisici più allenati. Sulla necessità di controlli più serrati per evitare simili tragedie. Una circostanza nuova anche per l’Italia: in occasione della morte di Puerta tutte le testate spagnole titolarono che «in Italia non sarebbe mai accaduto nulla di simile, stanti gli efficaci controlli della federazione medico-sportiva». Oggi anche questi controlli vengono messi in discussione, si parla di intensificarli ed è già stato imposto l’obbligo di un defibrillatore in ogni campo di calcio dalla serie A alla Serie  D. Uno strumento che solo poche settimane fa salvò la vita al giocatore del Tottenam Muamba, nella Premiere League inglese.

L’autopsia su Morosini Intanto, all'istituto di medicina legale di Pescara è cominciata stamani l'autopsia sulla salma di Piermario Morosini. L'esame durerà dalle quattro alle cinque ore e permetterà di risalire alle reali cause del decesso del giocatore. «Bisogna capire cosa sia successo al corpo del giocatore – ha detto il magistrato – solo dopo aver accertato i fatti potremo valutare ed eventualmente formalizzare gli eventuali reati. Proprio per questo motivo abbiamo chiesto ai medici di andare anche oltre il protocollo degli esami autoptici e di farci sapere più cose possibili», ha concluso il procuratore Cristina Todeschini dopo aver formalizzato assieme al pm D'Agostino tutte le richieste al medico legale Cristian D'Odivio e alla tossicologa Simona Martello. Il fascicolo aperto, e relativa indagine, è contro ignoti, l'imputazione è omicidio colposo. Il medico legale avrà 60 giorni di tempo per comunicare alla Procura i risultati ufficiali dell'autopsia.

Ciò che resta La morte di Morosini ha portato di fronte a tutti una sciagurata fatalità che lascia un forte senso di impotenza e di sgomento. Perché un ragazzo di 26 anni che muore lascia tutti con un forte magone in gola, sia che il decesso arrivi mentre sta giocando che in qualunque altro modo. Morosini, cui la vita aveva riservato più calci che assist (orfano di entrambi genitori sin da giovanissimi, con un fratello portatore di handicap suicida l’anno scorso, lascia una sorella anch’essa disabile), non ce l’ha fatta ad evitare l’ultimo tackle che la sfortuna gli ha riservato. Risulta veramente difficile non essere toccati dalla vicenda.