Papa:Bartolomeo,insieme pregheremo per l'unità e per la paceLo sguardo di Papa Francesco, sulle orme dei predecessori, è oggi con ancora più fermezza orientato anche ad Est.

Quell’Est a cui Giovanni Paolo II ha aperto le porte, senza aver mai la possibilità (suo cruccio) di andare a Mosca.

Contrariamente a quanti vorrebbero “catalogarlo”, o metterlo nella lista dei progressisti, Bergoglio, pur col suo stile fresco e innovativo, continua nel solco della riconciliazione con i fratelli cristiani più vicini: gli Ortodossi.

Nella visita al Patriarca Bartolomeo, il gesto di inchinarsi per ricevere la benedizione non è stato folklore: è Pietro che chiede la benedizione del fratello Andrea. E Andrea la dà: il bacio del Patriarca (come da usanza) è già benedizione, un tempo lo si usava anche nella Chiesa Cattolica.

Poi uno sguardo più attento avrà notato che Bartolomeo, dal suo canto, fa un rapido cenno come per avvicinare la mano del Papa, quasi a baciare l’anello. Ma Bergoglio tira rapidamente giù la mano.

Il Patriarca Bartolomeo ha studiato a Roma, ed è un uomo di Dio.

La Chiesa è una, Santa e Cattolica, cioè universale. Però le Chiese Ortodosse sono vere Chiese, sono sante, e sono veramente già nel Corpo Mistico, un “unicum” di fatto, più alto, con la Chiesa di Roma. La forma, per le divisioni politiche del passato, è separata (con a seguito organizzazione e canoni liturgici).  Dobbiamo lavorare quindi per riunire. E anche qui Francesco ripercorre Giovanni Paolo II in maniera determinata: «diteci cosa fare!» Certamente le Chiese orientali vorranno mantenere la propria autonomia, ed è legittimo. Serve però lavorare per una unità più grande, che veda nel Papa di Roma il segno vivente dell’unità della retta dottrina di fede. Che nonostante lo scisma, e mille anni di divisione, non è mai venuta meno (a differenza del nostrano mondo protestante).

Sarebbe bello un giorno vedere cardinali ortodossi. Abbiamo visto quanto uguale e pur quanto diversa sia la Chiesa nello Sri Lanka e nelle Filippine. Unità nella diversità è segno della ricchezza della Chiesa di Cristo.

Lo sguardo verso la terra albanese è stato un altro gesto sottovalutato, per una terra cristiana che sta dimenticando di esserlo. Prima di essere ateizzata dal comunismo, e prima di essere “turchizzata” (ripeto le parole di amici albanesi) era una terra profondamente ortodossa. Con uno sguardo particolare all’Italia. E a quelle missioni che non abbondano, perchè purtroppo anche la nostra Chiesa risente della nostra cultura italiana. Diventata timida e con la paura di non aver più nulla da dire, nè da esportare. E solo Dio sa quanto avrebbe fatto piacere agli albanesi, vedere un maggiore attivismo dei cattolici, magari venuti proprio dalla terra “di fronte”.

Il viaggio a Sarajevo, città che ha impresso in sè il dolore delle divisioni, è un altro grande passo di questo Papa, per riunire i credenti e anche, diciamolo, un occidente europeo, che quantomai ha dimenticato, con le proprie radici, una ragione di sè.