Oltre 400 militari della Guardia di Finanza sono impegnati dall’alba nell’esecuzione di 34 misure cautelari personali, delle quali tre in carcere, 12 agli arresti domiciliari. Diciannove le misure interdittive emesse dal Gip del tribunale di Prato. Complessivamente le persone indagate sono 84, 111 le perquisizioni in 5 regioni: Toscana, Veneto, Lombardia, Campania e Marche. I reati contestati dalla Procura pratese sono associazione a delinquere, induzione in errore dell’ufficio immigrazione, falsità ideologica nel rilascio di rinnovi di permessi di soggiorno ed immigrazione clandestina. In carcere sono finiti un commercialista e un consulente del lavoro, entrambi italiani, e un cittadino cinese. Due sono stati arrestati a Prato, il terzo in Veneto. Secondo quanto si apprende i tre erano al vertice di un’organizzazione che forniva documentazione falsa, a partire dalle buste paga, grazie alla quale i cittadini immigrati, per la maggioranza cinesi, potevano richiedere e ottenere il permesso di soggiorno.
Rossi: «Non devono esistere zone franche» Subito è arrivato il plauso del presidente della Toscana Enrico Rossi alla Guardia di Finanza e alla Procura di Prato per l’operazione. «L’1 dicembre del 2013, giorno del tragico rogo della Teresa Moda a Prato, in cui sette operai cinesi morirono nel rogo della fabbrica dove lavoravano ma anche vivevano – dice Rossi – è stato lo spartiacque. Da allora l’impegno istituzionale si è rafforzato con attività di prevenzione, controllo, percorsi paralleli di rientro e di ‘affiancamento’». «Non devono esistere zone franche, i diritti dei lavoratori sono al centro della nostra politica ed è per questo oggi plaudo all’iniziativa della Procura di Prato e della Guardia di Finanza che con la loro attività di repressione ci consentono di lavorare meglio affinché emerga dall’illegalità il valore di un’economia sommersa che Irpet stima aggirarsi intorno al miliardo di euro l’anno».