foto«Come prima più di prima». Lo slogan della Festa de L’Unità di Siena, che vorrebbe trasmettere messaggi diversi, visto così sopra la testa di Marcello Clarich, è lievemente inquietante. Perché la Fondazione Mps che Clarich presiede da poche settimane, prima «aveva un patrimonio di 6-7 miliardi, oggi di 600-700 milioni». Un tesoro eroso fino ad essere un tesoretto in quegli anni del sacco di Siena, che Clarich, intervistato da Mauro Bonciani del Corriere Fiorentino, dice di aver seguito seppure da lontano, ma con attenzione. Solo che quando gli chiedono quale idea si sia fatto dei motivi dello scempio, Clarich fra varie ragioni di natura macroeconomica, la congiuntura internazionale, e dopo aver convenuto che «qualche errore chi era ai vertici lo deve aver fatto», ci mette anche la sfortuna.

Insomma, aggiunge il tema della malasuerte – lo spagnolo ci sta bene a rimembranza del Santander –
al repertorio tipico di tutti coloro che non ci stanno ad attribuire lo scandalo di Siena ad un autoctono potere locale corroborato dalle ramificazioni nazionali. Sul tema delle azioni di responsabilità è più efficace il presidente della Fondazione Mps: rivela che proprio il giorno prima ha avuto un incontro a Milano con il professor De Nova, riconosciuto luminare in materia, per affinare le strategie delle azioni di responsabilità. Si inquieta dicendo di non spiegarsi perché si sia messa in dubbio la volontà di andare avanti nelle azioni, «dalle quali – dice – auspichiamo risorse, almeno 500 milioni dei 3 miliardi richiesti, per rimpinguare il patrimonio». Ecco perché nel mirino ci saranno soprattutto advisor e banche. E la costituzione parte civile al processo di Milano contro Mussari e Co. , anche se non la esclude, non pare essere nelle priorità del presidente. Per pragmatismo, non per altro.
Perché i singoli non potranno sborsare granché. Pochi fronzoli e niente politichese sembra essere il codice comunicativo di Clarich, che oggi apre in Deputazione Amministratrice il dossier delle sofferenze delle partecipate. Che soffra tanto la Sansedoni lo si sa: è in rosso di decine e decine di milioni e prima o poi sarà il caso di sapere. Ci sono poi 32 milioni di debiti per la Fondazione sud, altri 30 per la Fises. Insomma arrivare a cento e passa milioni è un attimo. E Clarich, che promette trasparenza, dice che i debiti vanno pagati. Poi c’è l’incognita di un possibile nuovo aumento di capitale della banca e si fa presto a ridiscendere in quel patrimonio appena riportato a nuova vita dalla gestione Mansi. Eppure la prospettiva delle erogazioni è già in valzer e fioccano le richieste. Tanto che Clarich lancia un appello: «State calmi se potete».

 

Tra le priorità mette comunque la Chigiana, e non si avventura in altro. Nemmeno pronuncia il Santa Maria della Scala che pure avrebbe fatto piacere al sindaco Valentini, assiso alla sua sinistra, in serata corrucciata e anti-giornalisti. A destra c’è invece Bezzini, che non si sottrae dal ruolo di uno dei “padri nobili” della candidatura Clarich, ma lo fa con disincanto e volto disteso. Sorride anche prima del dibattito, ad un tavolo del ristorante con Guicciardini e Valentini. Lui la presidenza della Provincia la lascia, gli altri sono in mezzo alla bufera per deciderla. E in più Bezzini lascia anche la politica di mestiere. Scelta che gli deve aver fatto bene allo spirito. Valentini ha indubbiamente molte più gatte da pelare. Il Patto del Bravio per Andrea Rossi presidente è già scompaginato. Lo stesso Rossi ha avuto la bella idea di firmare a favore della candidatura di Oreste Giurlani, sindaco di Pescia, per la presidenza regionale dell’Anci. La rivale in corsa è Sara Biagiotti, neo-sindaco di Sesto Fiorentino, renziana della primissima ora. E la circostanza corrobora di ulteriore significato la scesa in campo per la presidenza della Provincia di Stefano Scaramelli, leader dei renziani, nome forte, che già ha scatenato un vero e proprio tifone nel Pd, con effetti a catena: Guicciardini che gli chiede di recedere dalla candidatura e Scaramelli dice di no; imbarazzi sull’asse Guicciardini-Valentini, in merito al Patto del Bravio. Perché Valentini non ci sta a far la figura di chi ha fatto una fuga in avanti da solo e indica proprio in Guicciardini uno dei “mandanti” della sera poliziana a base di pici.  Si risveglia la componente renziana dopo la pax congressuale. Juri Bettollini, membro della segreteria provinciale Pd, chiede le dimissioni del segretario comunale Mugnaioli, dopo l’epurazione dalla direzione comunale della giovane renziana Ginevra La Russa, rea di aver sostenuto Scaramelli dopo l’attacco estivo alla componente ceccuzziana. Di tutto questo Clarich nulla conosce e dopo tutto la Provincia sarà probabilmente depennata dal prossimo statuto della Fondazione come ente nominante. Un “gallo” in meno in un pollaio comunque pieno di trappole. Con la volpe, sempre in agguato.