“Dopodiché è venuto il momento di salire in treno ed era passata esattamente una settimana dal suo giretto in bici allorché, partito da Nantes sabato alle sei del mattino, Anthime è arrivato lunedì nelle Ardenne a fine pomeriggio”.
Ecco cominciò così, come una cosa da niente. Con uno sventolio dai campanili e con un annuncio salutato da brindisi e berretti lanciati in aria. Con una sbronza e una partenza che era solo un arrivederci, a presto, tanto tra quindici giorni è finito tutto. Con un ufficiale che rassicurava, delle pallottole non dovete preoccuparvi, ma dell’igiene sì, perché è la mancanza di pulizia che ammazza. Con una marcia per entrare nell’idea che si era sì soldati, ma tanto che sarà mai. Con un primo assalto i cui i fanti vestivano divise sgargianti ed erano preceduti da un’orchestrina che, sotto il fuoco nemico, intonava la Marsigliese.
Sapete, di libri sulla Grande Guerra ne ho letti diversi, in questo periodo, alcuni molti belli. E di diversi ne ho parlato qui, su questo blog. Eppure li batte tutti questo libro di poche pagine pubblicato da Adelphi, che non è un saggio e che è prima di tutto l’ennesima prova narrativa di Jean Echenoz, scrittore che vi consiglio caldamente.
Il titolo, essenziale, dice già tutto: ’14. Così, semplicemente, anche con l’apostrofo.
Si comincia con l’irruzione della guerra in una cittadina nella Francia del Nord. Irruzione che è già una parola sbagliata, perché la guerra arriva di soppiatto, come un gatto nella cristalleria. Sembra un gioco, all’inizio.
Poi ci saranno gli assalti e le trincee, ci saranno gli amici che moriranno e i corpi fatti a pezzi. Ma soprattutto Anthime, questo personaggio di cui finiremo per assumere lo sguardo incredulo, leggero, malgrado tutto sorridente. Lo sguardo di chi fa fatica a crederci ma che alla fine sa adattarsi e resistere. Come se questo fosse davvero l’unico modo per scamparla.