Doppio appuntamento sabato 18 ottobre in Toscana: a San Gimignano e Gaiole in Chianti sarà inaugurata la mostra di Hiroshi Sugimoto, uno dei più autorevoli interpreti della fotografia contemporanea (ore 11 al Castello di Ama e ore 16 Galleria Continua).

Il mistero dell’esistenza – Dal 1999 il sodalizio tra Marco Pallanti e Lorenza Sebasti – appassionati collezionisti e proprietari della tenuta vitivinicola Castello di Ama – e Galleria Continua di San Gimignano / Beijing / Les Moulins, ha dato vita ad un progetto artistico-culturale che ha visto artisti di fama internazionale realizzare opere site specific in permanenza per il borgo di Ama, un piccolo gioiello di origini medievali incastonato tra le colline nel cuore del Chianti. Castello di Ama per l’Arte contemporanea si arricchisce di un nuovo contibuto artistico, “Confession of Zero”, installazione che Hiroshi Sugimoto concepisce appositamante per la Collezione e che colloca all’interno della cappella settecentesca di Villa Ricucci. Realizzata in collaborazione con Galleria Continua, l’opera riflette sul concetto di assenza e sul mistero dell’esistenza. In occasione dell’opening saranno visitabili anche le opere site specific realizzate ad Ama negli anni precedenti da Michelangelo Pistoletto, Daniel Buren, Giulio Paolini, Kendell Geers, Anish Kapoor, Chen Zhen, Carlos Garaicoa, Nedko Solakov, Cristina Iglesias, Louise Bourgeois, Ilya e Emilia Kabakov, Pascale Marthine Tayou.

Foto inedite a San Gimignano – Negli spazi espositivi di Galleria Continua Hiroshi Sugimoto presenta alcune foto inedite della serie “Theaters”, tra queste anche “Cinema Teatro Nuovo” (2014) che ritrae l’ex-cinema teatro di San Gimignano dove ha sede la galleria. Immagini quasi surreali in cui il tempo che passa, racchiuso a forza in una dimensione che non gli appartiene, si tramuta in luce che scava l’oscurità portando delicatamente a galla gli elementi della scena circostante. Le prime fotografie di questa serie sono state realizzate a partire dal 1978 scattando foto all’interno di teatri americani degli anni Venti e Trenta convertiti in sale cinematografiche, come il Radio City Music Hall di New York. L’idea è quella di condensare il corso del tempo e la percezione dello spazio in un singolo momento, uniformando il tempo di esposizione a quello della durata della proiezione del film.