Ve lo ricordate “Speriamo che sia femmina?”. Uno dei grandi capolavori di Mario Monicelli, che ha come protagonista una famiglia composta di sole donne che decidono di vivere insieme in un grande casale nella campagna toscana. Gli uomini sono tutti poco più che comparse e appaiono, nel migliore dei casi, inaffidabili e fragili. Unica figura maschile che riesce a resistere è il vecchio zio Gugo, tollerato e accudito dalle donne, ma oramai completamente rincoglionito.
Non so perché ma ieri mi è tornato in mente alla notizia che la Fondazione Mps, nel vendere un 12% del suo patrimonio di azioni Mps, aveva cancellato di fatto il debito con le banche creditrici che dal 2011 le mordevano i talloni per via di quell’indebitamento contratto per correre dietro all’aumento di capitale voluto dalla Banca guidata da Giuseppe Mussari. Ci voleva forse tutta la caparbietà e la ostinata determinazione caratteristica delle donne per portare a termine questo risultato. Lavorando a testa bassa e in silenzio, evitando mille tranelli e trappole tese e avendo un obiettivo chiaro e dichiarato: salvare la Fondazione Mps da morte certa. Siena oggi può tirare un respiro di sollievo grazie anche a loro.
Eh già, perché a fine del 2013 nessuno avrebbe scommesso un solo Cent sulla sopravvivenza dell’Ente di Banchi di Sotto, e anzi c’era chi lavorava al coperto per la sua morte rapida. Ma quel qualcuno non aveva fatto i conti con un gruppo di donne (non me ne vogliano i componenti maschili) che ha saputo lavorare nell’interesse della comunità.
A risultato ottenuto, tutti sono bravi a lodare e oggi è un profluvio di elogi. Ma questa volta non si può non riconoscere nella presidente Antonella Mansi, nelle deputate amministratrici Camilla Dei e Flavia Galletti e in quelle della Deputazione generale Alessandra Navarri, Bettina Campedelli, Barbara Lazzeroni, Simonetta Sancasciani, un gioco di squadra tutto al femminile.
Un gioco che era duro e che le donne hanno dimostrato di saper giocare meglio degli uomini. Queste sono ore di sollievo e di conforto per la Città e non è tempo per ricordare chi sono gli sconfitti (che ci sono eccome, tutti uomini). Però non si può non ricordare alcuni passaggi chiave.
Che ad agosto, quando venne insediata la nuova Deputazione, in cassa non c’era nemmeno un Euro per arrivare in fondo all’anno. Che a dicembre la Fondazione ha ingaggiato una battaglia durissima con il presidente della Banca Mps, Alessandro Profumo, per il rinvio all’aumento di capitale sociale della Banca. Arrivò a minacciare fuoco e fiamme e azioni di responsabilità mentre oggi, a denti stretti, plaude al risultato e prova a mettersi lui stesso i galloni: «è un’ottima cosa frutto anche del lavoro fatto dalla Banca», ha detto, forse riferendosi a Mps Capital Service. Che con grande nettezza è stata avviata un’azione di responsabilità verso i precedenti amministratori di Palazzo Sansedoni che ha provocato una frattura netta tra il passato e il futuro (e non esclusivamente in Fondazione). Un atto non solo dovuto ma addirittura necessario per mandare ai Mercati un preciso messaggio di vera rottura. E che forse è stato propedeutico per l’operazione di ieri.
Certo, il sospiro di sollievo non deve allentare la tensione. I pericoli non sono finiti e molte questioni rimangono aperte sul tavolo della Mansi (dalla Sansedoni spa di cui ancora non si parla come si dovrebbe, alla Chigiana, a Siena Biotech alla Fondazione Tls). Ma la sensazione è che potremmo trovarci presto davanti ad una inversione verso una nuova rotta. Quale che sia non è dato sapere. A questo punto, viene solo da dire “Speriamo che sia femmina”.
Ah, s’io fosse fuoco