Tre mesi in un centro di accoglienza per ottenere l’iscrizione anagrafica e la residenza». È l’allarme che lanciano in una nota il capogruppo e vicecapogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale di Arezzo Giovanna Carlettini e Domenico Chizoniti, che hanno presentato un’interrogazione in merito: «Il ministero dell’Interno, con una circolare emanata il 17 agosto 2016, ha indicato ai comuni l’applicazione del D.Lgs n.286 del 25 luglio 1998, che all’art. 6, comma 7 prevede la concessione della residenza in caso di documentata ospitalità per più di tre mesi», sottolineano.
Donzelli: «Quali ripercussioni sulle regioni?» Sulla questione anche il capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Giovanni Donzelli annuncia un’interrogazione: «Chiediamo chiarezza su questo provvedimento del governo e su quali siano le ripercussioni sulle regioni e sui servizi socio-assistenziali – commenta – l’Italia nel 2016 spenderà 4 miliardi di euro nel business dell’accoglienza, vogliamo sapere se questo significherà un ulteriore aggravio di costi per il sistema del welfare».
«Il sistema sta saltando, il Governo gioca a scaricabarile» «All’immigrato sbarcato e richiedente protezione internazionale o asilo, senza documenti, accolto, tramite le cooperative, negli hotel e nei centri di accoglienza – proseguono Carlettini e Chizoniti – si aprono le porte per una sua richiesta di iscrizione anagrafica. E tale richiesta, per la quale basta una semplice ricevuta, spesso neanche viene avanzata dagli immigrati ma, in maniera eterodiretta e anomala, dai responsabili delle cooperative stesse. I comuni – aggiungono gli esponenti di Fratelli d’Italia – si trovano dinanzi a una situazione di forzatura giuridica che li costringe a considerare queste persone alla stregua di cittadini italiani o comunitari. Anzi, di più, visto che un cittadino italiano che vuole ad esempio trasferirsi da un comune a un altro è costretto a fornire una documentazione molto corposa. Le conseguenze si traducono in accesso all’assistenza sociale, alla concessione di sussidi, alle case popolari, all’iscrizione nel servizio sanitario nazionale». «Se gli enti locali sono stati negli anni sottoposti a una stretta finanziaria dalla normativa nazionale giustificata sempre con la scusa delle necessarie coperture finanziarie che devono accompagnare qualsiasi politica di spesa, adesso la stessa normativa, buonista e politicamente corretta come non mai, rischia di far saltare il banco. Con i Comuni costretti a gestire decine di richieste del genere e a concedere i benefici sopra richiamati. Se fino a oggi è stato il ministero dell’Interno a sostenere le spese di sussistenza per queste persone, apprendiamo adesso da varie fonti che è esso in ritardo di mesi nel pagare gli operatori dell’accoglienza: il sistema sta saltando e dunque il governo gioca a scaricabarile», concludono Carlettini e Chizoniti.