Il Magnifico magnifica, il sindaco invece del passo cambia deleghe e il vicesindaco fa il pesce pilota. Ecco la Siena di oggi. Se cercavate un dibattito autentico e vivace dopo la crisi che ne ha compromesso il futuro rimarrete delusi. Questa è la Siena in mezzo al guado. Per il resto, solo silenzi, anche se qualche piccolo passo in avanti si intravede, nonostante tutto.

manifestazione-david-rossiIl cambio di passo e la marcia silenziosa I cittadini sembrano essersi rimessi in cammino, a prescindere dalla politica del maggiore partito, il Pd, che da sempre governa. Tre donne, nella settimana che ne ha celebrato la festa, Antonella, Carolina e Vittoria (in ordine alfabetico), hanno chiamato i senesi di buona volontà a manifestare in nome di un principio sacrosanto: chiedere la Verità. Nessuna connotazione politica né complottista o rivendicativa. Solo la sacrosanta Verità intorno alla morte di David Rossi, un dramma che ha segnato e sconvolto loro negli affetti e che è stato culminante nella crisi della banca. Il senso della manifestazione era tutto qui: chiedere verità e, dunque, giustizia. Su queste parole d’ordine seicento senesi hanno marciato silenziosamente sotto una pioggia torrenziale. Quasi un monito di sfida agli dei che dall’Olimpo sembravano infastiditi da quell’assembramento di donne e uomini riparati solo dai loro ombrelli. Imbarazzanti sono apparse invece le prese di distanza pubbliche di taluni, un tempo per mille motivi vicini o addirittura vicinissimi a David, che motivavano il loro non esserci. In certi momenti c’è poco da andare per il sottile. Se la famiglia chiama o si va o non si va. I distinguo confermano, semmai, che c’è ancora qualcuno a Siena che preferisce non guardarla in faccia, la Verità. Mentre per fortuna tanti senesi, ognuno con una motivazione forse diversa ma questo poco conta, dopo tre anni da quella tragica notte, hanno fatto il primo passo. Ora la Magistratuta deve proseguire a camminare spedita, sapendo che i cittadini sono al suo fianco.

Cambio di deleghe nel silenzio Alla manifestazione c’era anche il sindaco di Siena, Bruno Valentini. Ed ha fatto bene. Il primo cittadino deve pretendere la Verità in nome della comunità che amministra. A lui, da tempo, il Pd chiede un altro passo, un cambio di passo nell’azione amministrativa. Un mese fa è passato indenne ad una mozione di sfiducia voluta dalle opposizioni ma Stefano Scaramelli si è fatto improvvisamente silenzioso e non ha avuto il coraggio politico di essere conseguente alle sue parole non facendo votare i “suoi” consiglieri comunali di riferimento contro Valentini. Oggi, il sindaco risponde indirettamente. Non un cambio di passo bensì di deleghe. Un rimpastino di uffici e competenze ma, per adesso, non di uomini. A Paolo Mazzini è stata tolta la delega della giustizia paliesca (dopo le divergenze in Giunta sulle squalifiche relativi ai Palii 2015), assegnata a Mauro Balani. Pensa forse Valentini che un umbro in quel delicato ruolo sia più adeguato di un senese doc? La delega all’urbanistica è stata scissa in Edilizia privata (Stefano Maggi) e Governo del territorio, rimasta al Sindaco. Un scelta non proprio felice dopo le vicende che lo assillano a Monteriggioni, ma tant’è. Poi ha ceduto la Polizia municipale a Balani e si è inventato la delega al Santa Maria della Scala. Speriamo solo che non confligga con l’idea che ha di quel complesso monumentale il neo direttore Daniele Pitteri. Altrimenti perché sarebbe stato chiamato apposta in quel ruolo?

La èlite di Siena Attiva, tra silenzi e parole in libertà C’è poi il vicesindaco Fulvio Mancuso che da mesi tiene attiva la sua lista di riferimento, mutata nel nome da Cambia a Attiva. E fa iniziative e riempie le sale e costruisce relazioni e fa da maggioranza e da minoranza. L’ultima, ieri, sul tema della sanità senese, dopo che a novembre scorso aveva convocato tutti sul tema “Siena attrattiva”. Strano destino questa lista che, ribadisco, da movimento è diventata forza di governo, fino a candidarsi ad élite illuminata. E come ogni èlite non ha bisogno di sporcarsi con le faccende di ogni giorno e si riserva il ruolo di stratega del futuro, luogo di sintesi delle relazioni che contano e di pesce pilota per preparare il terreno a chi verrà. Una specie di Giovanni il Battista. Non una parola né una presenza ufficiale alla marcia per David, ad esempio, nessuna risposta neppure per ribattere al consigliere Scaramelli che ne aveva pubblicamente chiesto lo scioglimento. Una èlite lavora sopra tutti e non sente che i richiami alti, non ascolta le grida che giungono dalla strada. E non si abbassa alla polemica, salvo poi rispondere sui Social a pittinicchio ad ogni post contrario o irriguardoso su smart city o altre iniziative comunali. Ospite fisso agli incontri di Siena Attiva è il Magnifico, il rettore Angelo Riccaboni. Che sia lui il Messia?

lingua-ingleseRiccaboni e l’inglese che non salverà il mondo Il nome di Riccaboni è un gran nome per la città. Intende passare alla storia come il Magnifico che salvò l’Ateneo dalla chiusura, dopo i bilanci allegri dei suoi predecessori. E anche per aver internazionalizzato le relazioni e il linguaggio. Oggi ha inaugurato il Summit nazionale dell’education, ed è nota la sua passione per il Career Day & International careers; da poco ha aperto il Santa Chiara Lab per il coworking e il costuding; crede fermamente nelle start up. Per i dipendenti ha promosso il carpooling e per gli studenti l’international place. Per chi si laurea poi c’è il placement office & career service. Il prossimo 14 aprile organizza il Green & Food job day, evento dedicato a agrifood e green economy. Tutto perfetto, dunque. Tutto moderno e posizionato per il grande lancio internazionale e … istituzionale? Da tempo, infatti, ha preso a parlare (in italiano a favore di popolo) in nome di Siena e delle sue magnifiche sorti e progressive. All’incontro di Siena Attiva pare abbia chiesto alla città «una nuova spinta progettuale, perché dobbiamo capire che il mondo è cambiato e Siena adesso non ha il peso che aveva in passato. Bisogna investire di più sui nostri punti di forza». Già, i punti di forza. Di Siena erano la formazione superiore, la piccola e media impresa (che il professore conosce bene in quanto esperto aziendalista), le biotecnologie e la banca. Peccato che sulle crisi e i drammi recenti la voce del Magnifico sia stata flebile o quasi inesistente (in italiano e in inglese), così come si respira un imbarazzato silenzio dopo la recente classifica europea delle migliori duecento università in Europa che vede ben 17 atenei italiani presenti. Nei primi cento addirittura due università toscane (Normale e Sant’Anna), mentre la “neonata” Firenze è tra la 170 e 180 posizione. Siena? Non pervenuta. Speriamo sia solo un misunderstanding e ricordiamo al Magnifico le parole di Franco Battiato: «Il giorno della fine non ti servirà l’inglese». Per le classifiche, forse, oltre alla lingua, servirà anche altro?

Inchieste a piccoli passi e fragorosi silenzi A piccoli passi, poi, arrivano a conclusione le inchieste giudiziarie che in questi anni hanno segnato la vicenda Mps. È di ieri la condanna, in primo grado, del Tribunale civile di Firenze all’ex direttore generale Antonio Vigni per la vicenda del derivato Santorini (richiesta di risarcimento pari a 245 milioni), mentre sono ancora in itinere le azioni di responsabilità per la vicenda Alexandria, (versus Vigni e Mussari), così come le azioni di responsabilità contro i deputati della Fondazione Mps dell’era Gabriello Mancini. Tutti i protagonisti di quegli anni se ne stanno rigorosamente in silenzio, mentre qualche scusa alla città non farebbe male. Per bocca del procuratore capo della Repubblica di Siena, Salvatore Vitello, starebbe, invece, arrivando a conclusione l’indagine “Time Out” sugli illeciti alla Mens Sana, mentre pende sulla testa di Ferdinando Minucci e altri 10 persone la richiesta di risarcimento per oltre 33 milioni di euro in seguito al fallimento della società sportiva. Ma anche qui le bocche di tutti i protagonisti della politica di oggi sono cucite e i silenzi fragorosi.

Rifiuti e dimissioni con dichiarazione Oggi, invece, a parlare è un altro Vigni, Fabrizio, già onorevole dei Ds di cui si erano perse le tracce ma che da tempo era presidente di Sienambiente. Un’indagine delle Fiamme Gialle ha portato alla luce alcune ipotesi di reato sul maxi appalto da 180 milioni per la gestione dei rifiuti nell’area vasta Arezzo-Siena-Grosseto assegnata a Sei Toscana. E Vigni oggi pomeriggio si è dimesso «per coerenza con i miei principi e il mio modo di essere». Noi, con lui, abbiamo fiducia nella Magistratura e gli auguriamo di dimostrare rapidamente agli inquirenti la sua «totale estraneità». Ma un pensiero balena nell’aria. Non sarà questo episodio l’ennesimo che indica la fine di un mondo che ormai non c’è più? Mentre a piccoli passi qualche novità prima o poi i senesi sapranno trovarla. Nonostante certa politica.

Ah, s’io fosse fuoco