Una città giusta, sarà mai possibile o è un’utopia? La nostra rubrica settimanale dedicata alla riflessione sul passato, presente e, soprattutto, sul futuro di Siena, prova a porre l’accento su come affrontare il tema della legalità. Nel 2013, «nel pieno della deflagrazione del ‘sistema Siena’», il coordinamento senese dell’associazione “Libera” di don Luigi Ciotti lanciò un manifesto. Giusta è una città che si basa su regole condivise, che “consegna la responsabilità del merito e delle competenze”, è una città inclusiva, che tiene conto delle “legittime aspirazioni delle generazioni future”, che favorisce la libera informazione e partecipazione. Oggi, a quattro anni di distanza, abbiamo chiesto a Luciano Peccianti, avvocato, collaboratore volontario di “Libera”, di riprendere il filo di quel tema. L’intervento si conclude con una serie di domande che, ci auguriamo, non rimangano ancora sospese nel vento. Chi vuole intervenire? (M.T.)
di Luciano Peccianti
Non so quanto sia interessante ripetere qui una nozione teorica e generale di legalità, che, in ogni caso, non si riferisce alla norma minuta, al dettaglio dei precetti anche di quelli più banali. Invero, la legalità che ci interessa riguarda la sintesi delle regole derivate dai grandi principi delle dichiarazioni universali dei Diritti dell’Uomo oppure di quelli, del tutto analoghi, stabiliti nella nostra Costituzione repubblicana.
“Libera”, dunque, quando nel 2013 ci ritrovammo nel pieno della deflagrazione del ‘sistema Siena’, pensò di richiamare l’attenzione sul tema concreto della “legalità” attraverso una proposta rivolta a tutti, ma in primo luogo alle istituzioni, per individuare e condividere alcune regole essenziali per la comunità, che furono allora riassunte in un manifesto intitolato “La Città Giusta”. Si partiva da un giudizio molto netto ed impietoso sulle vicende trascorse che non hanno riguardato solo l’impoverimento materiale, ma hanno inciso, a nostro avviso, sul “patrimonio storico di dignità” della comunità senese. È partendo da questa costatazione che si proponevano alcune vere e proprie regole capaci di promuovere la rinascita “secondo criteri” – si diceva – “di giustizia e legalità”.
E si elencavano, in estrema sintesi, i punti essenziali: inclusività, trasparenza, condivisione, accessibilità, verificabilità, pronta disponibilità al cambiamento, riconoscimento del merito e delle competenze con l’abbandono del criterio che privilegia l’appartenenza, sostegno alle giovani generazioni, individuazione di quali interessi debbano considerarsi “legittimi” e, soprattutto, la garanzia della libertà dell’informazione, la promozione della partecipazione in un quadro – aspetto cui Libera assegna grandissima rilevanza – di (auto)educazione alle responsabilità individuali e collettive.
Questo è ciò che intende “Libera“ per “legalità”. Ognuno può ora valutare se e quanto sia stato fatto in questi quattro anni nella direzione indicata. “Libera”, dal canto suo, vorrebbe rivolgere un invito, anzi una pressante sollecitazione, o una provocazione, se si preferisce, ai responsabili delle istituzioni cittadine e agli esponenti delle forze politiche di maggioranza e di opposizione, ponendo pubblicamente alcune domande e contando sull’avvio di un dibattito di merito:
Cosa pensa del manifesto La Città giusta? Lo ritiene tuttora attuale?
Quali iniziative ha assunto in questi anni attraverso l’istituzione che rappresenta o cui partecipa, che ritiene rivolte all’introduzione delle regole suggerite? Quali sono stati a suo avviso gli esiti raggiunti?
Quali iniziative ritiene di poter proporre o intraprendere a tale proposito?
Quale livello di importanza assegna alla prevenzione del malaffare e della corruzione?
In quale misura considera che il territorio senese sia rimasto immune ovvero abbia subito infiltrazioni di carattere mafioso (come rilevato dai rapporti annuali della Regione Toscana)?