Letta in controluce, la vicenda della compagnia aerea Ryanair che annuncia/minaccia di abbandonare alcuni aeroporti italiani se dovessero venire meno i contributi che ha ricevuto fino ad oggi, mostra tutta la desolazione del panorama turistico italiano.
Non dico niente di originale, e lo so, ma trovo sia utile mettere in fila alcune cose ben conosciute da tutti. La prima è che molti aeroporti – i troppi aeroporti che ci sono in Italia – sono operazioni politiche e nulla più, che offrono prestigio internazionale, incarichi ben remunerati in consiglio di amministrazione e nel collegio dei revisori dei conti, un pacchetto di posti di lavoro che prima vanno a soddisfare le clientele elettorali, e poi vediamo se magari c’è posto anche per qualcuno bravo. Strategia industriale, non solo turistica, assolutamente zero. L’unico sforzo fatto è stato quello di attrarre i voli di Ryanair e di altre compagni low cost attraverso incentivi economici di varia natura e di consegnare a loro le chiavi del successo o dell’insuccesso dello scalo.
La cosa – di per sé – non sarebbe neppure sbagliata, anzi ha una sua logica. Quello che proprio non va è il fatto che dopo tanti anni di proficua collaborazione e costante aumento dei passeggeri, non si sia costruito un sistema di accoglienza turistica attorno all’aeroporto, in modo da rendere la destinazione attraente a prescindere dagli incentivi economici. Invece, a fronte di una presa di posizione così forte (o ci date i soldi in un altro modo, tale non configurare aiuto pubblico che l’Unione Europea non permette, o ce ne andiamo via), viene fuori che soltanto uno era il motivo per accendere i motori degli aerei.
Non meno desolante è l’atteggiamento degli operatori turistici e di coloro che comunque hanno un lavoro collegato all’arrivo dei passeggeri. I quali, di improvviso, trovano i soldi che dicono sempre di non avere, per fare una “colletta” e garantire loro – almeno in parte – il flusso di cassa verso le compagnie aeree e così “salvare” i voli. Atteggiamento sicuramente comprensibile, ma che evidenzia come anche loro non abbiano colto le opportunità offerte in questi anni per costruire un “prodotto” che fosse di per sé attrattivo ed attraente e dunque l’unica possibilità che resta è quella di farsi carico loro degli incentivi economici. Ovvero: rinviare di uno o due anni il problema della mancanza di una destinazione organizzata, senza cominciare ad affrontarlo con soluzioni reali.
Alla fine, io dico che ha ragione Ryanair: poiché sono loro a caricarsi tutto il lavoro che nessuno svolge a livello territoriale, né dagli enti pubblici né dagli operatori privati, è giusto che siano adeguatamente pagati per continuare a farlo.