Si chiama ‘Invisibili evidenze’ ed è il rapporto annuale della Caritas diocesana di Lucca sulle povertà e le risorse, presentato questa mattina alla stampa e questo pomeriggio alla cittadinanza e che, fotografando la situazione delle fragilità sul territorio, racconta il lavoro della rete Caritas, per accompagnare chi sperimenta tali situazioni e sottolinea la persistenza del fenomeno di una povertà orizzontale, spesso invisibile, in linea con quanto indicato a livello nazionale dai dati Istat.
I numeri del 2018 I quasi 30 centri di ascolto Caritas, quello dei Gruppo volontari Caritas e quello della Croce Rossa parlano chiaro: 1653 persone e nuclei familiari si sono rivolti loro per una richiesta di aiuto. Di questi, il 23,29% (385 persone) si sono rivolti per la prima volta a queste strutture nel 2018. Le persone che si rivolgono al Centro di Ascolto sono per lo più giovani: il 41,13% ha meno di 44 anni e il 67,75% ha meno di 54 anni. I cittadini con più di 65 anni – e, quindi, non in età di lavoro – costituiscono l’11,56% del totale e, quasi sempre, sono di nazionalità italiana.
Le famiglie La grande maggioranza delle richieste di aiuto provengono da contesti familiari composti da coppia di adulti in età lavorativa, con figli piccoli. Molte anche le famiglie monogenitoriali. Molte famiglie hanno figli, spesso si tratta di due figli o più di due e questo ha, di fatto, aperto anche quest’anno una finestra impressionante sulla povertà dei bambini, dato che appare valido sia per gli italiani, sia per gli stranieri.
Gli stranieri Le persone non italiane che si sono rivolte nel 2018 ai Centri di ascolto della Caritas lucchese sono state 927, registrando un piccolo calo in termini assoluti rispetto all’anno precedente e in lieve aumento di peso, rispetto all’utenza complessiva. Le persone straniere sono molto più giovani di quelle italiane. Il 26,85% ha, infatti, meno di 34 anni,c ontro il 9,23% dei cittadini italiani. La grande maggioranza delle persone accolte non italiane ha un’età compresa tra i 25 e i 54 anni (74,21%) e, in molti casi, si tratta di persone che vivono nei territori della Diocesi lucchese da molto tempo: quasi una persona su due vive in Italia da almeno 10 anni. Spesso si tratta di persone che da tempo lottano per uscire da una situazione di povertà. In quasi nessuno dei casi, la presenza agli sportelli ha carattere di cronicità o assistenzialismo. Al contrario, si è in presenza di persone con un’occupazione scarsamente retribuita o per poche ore settimanali, oppure disoccupati che hanno lavorato per lunghi periodi. Spesso, inoltre, presentano una sistemazione abitativa, in genere trovata con grande fatica e hanno figli ancora piccoli, nati e cresciuti in Italia.
Povertà educativa e condizioni di svantaggio socio-economico Ad emergere chiaramente dal rapporto della Caritas è il chiaro legame tra povertà educativa e condizioni di svantaggio socio-economico: esiste, infatti, un circolo vizioso tra povertà economica individuale, povertà del contesto istituzionale e povertà educativa. La formazione delle persone che si rivolgono alla Caritas, infatti, è tendenzialmente bassa, soprattutto tra gli italiani. Una persona su due al massimo ha conseguito la licenza di scuola media inferiore e, spesso, questo è uno dei fattori per i quali si trovano maggiori difficoltà a trovare un nuovo lavoro. Il 64,73% delle persone si definisce ‘disoccupata’, con una maggiore sofferenza lavorativa per le donne e gli stranieri. Il 10% ha un lavoro che non basta a far fronte alle esigenze primarie dei familiari, mentre il 5% circa ha una pensione. Le persone con un reddito percepito regolarmente che si rivolgono ai Centri di Ascolto raggiungono il 15%.
Quando ‘solitudine’ è sinonimo di ‘povertà’ – L’altro nome della povertà è ‘solitudine’: tutti coloro che si rivolgono ai Centri di Ascolto hanno pochissime relazioni, soprattutto per quanto riguarda la rete delle relazioni informali con parenti e amici. Ad emergere chiaro è una sorta di circolo vizioso tra povertà e isolamento. Le richieste formulate inizialmente dai cittadini sono quasi sempre legate al tipo di aiuto che le persone si aspettano di ricevere e molti si rivolgono ai Centri di Ascolto per la distribuzione dei beni raccolti dalle donazioni, ma il rapporto con i volontari in molti casi trasforma questo contatto in qualcosa di diverso. L’ascolto e il dialogo costituiscono l’elemento fondamentale delle attività dei Centri.
Accompagnare come comunità – «Accompagnare e accompagnare come comunità è la parola chiave del lavoro della Caritas – afferma la direttrice dell’Ufficio pastorale Caritas, Donatella Turri – e questa rappresenta la cifra dell’impegno degli operatori. L’idea di contrasto alla povertà che in questi tempi abbiamo cercato di costruire insieme alle comunità parrocchiali, le molte associazioni ed enti che si occupano di marginalità e le istituzioni è quella che deriva dalla costruzione di una comunità nuova, attenta ai bisogni, inclusiva. Una comunità in controtendenza, rispetto alla cultura dominante, ma anche l’unica comunità che può davvero durare nel tempo e rendere le città luoghi belli in cui vivere e abitare».