“Insulti al pubblico” non racconta deliberatamente nulla: non c’è una storia, non c’è scenografia, non ci sono personaggi. Cosa succede allora? Perché, anche solo leggendolo, si resta ipnotizzati e coinvolti sino alla fine? Sabato 10 marzo Chiara Caselli e Lydia Giordano portano in scena al Teatro Manzoni di Calenzano (Firenze) il testo più provocatorio e dissacrante di Peter Handke, scrittore e drammaturgo austriaco, autore, tra gli altri, di “La donna mancina” e “Falso movimento”, sceneggiatore di “Il cielo sopra Berlino”.
Lo spettacolo Irriverente sin dal titolo, la scrittura di Handke è una lama che si scaglia con forza sul pubblico. Sono loro, gli spettatori, il soggetto e l’oggetto della rappresentazione. Il bersaglio sono le abitudini e il torpore intellettuale, l’obiettivo è recuperare la necessità vera della rappresentazione. “Insulti al pubblico” potrebbe suggerire un approccio serioso o aggressivo. Quello che invece catturata dalla prima lettura è l’energia che erompe dalle giocose parole di un Handke allora 24enne. Il pubblico in sala non è per nulla scioccato o imbarazzato. Gli spettatori si divertono, ridono spesso, si sentono coinvolti in un gioco. Un gioco, appunto, intorno ad un argomento serissimo, un serrato confronto con il teatro e la sua essenza. Handke, con l’obiettivo di recuperare la necessità vera della rappresentazione superando i luoghi comuni della ‘magia del teatro’, di fatto la ricrea, quella magia, dal nulla e con nulla, solo corpi e parole. Scritto nel 1966, ‘Insulti al pubblico’ è un manifesto contro un teatro di convenzione. Un teatro che ora, a cinquant’anni di distanza, è molto cambiato e, con lui e per lui, il suo pubblico. Ma è veramente morto il teatro di convenzione? Assolutamente no. I programmi dei nostri teatri sono ancora pieni di spettacoli che vertono sulla convenzione della separazione fisica tra palcoscenico e platea.