Realizzare un prototipo di falange di un dito della mano, integrato da sensori in grado di restituire la sensibilità dell’arto perduto alla persona che la indosserà. E’ questa la sfida del progetto, di durata triennale e finanziato da Inail, che ha preso avvio con la convenzione appena sottoscritta da Paolo Dario, direttore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, con sede principale al Polo Sant’Anna Valdera di Pontedera, e da Enrico Lanzone direttore del Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna). L’innovativa protesi della falange di un dito avrà una platea potenzialmente ampia. Secondo i dati messi a disposizione dal Ministero della Salute, sono oltre 3600 i casi di amputazione e di malformazione congenita degli arti superiori registrati in Italia. Più dell’80% di questi casi riguardano la mano e le dita ed avvengono in ambito lavorativo. Nel distretto della mano risiede la maggior parte delle capacità sensoriale dell’uomo, oltre che la capacità di presa e manipolazione degli oggetti.

Gli studi Il progetto, la cui denominazione scientifica corrisponde a “PPR3 – Sviluppo di un sistema protesico nelle amputazioni digitali della mano”, sarà svolto sotto la responsabilità scientifica di Christian Cipriani, ricercatore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con Rinaldo Sacchetti, Paolo Catitti e Angelo Davalli, responsabili per il Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio, una struttura di eccellenza nel campo della protesica e della riabilitazione (10mila assistiti all’anno) e coinvolgerà dieci nuovi giovani ricercatori, che svolgeranno la loro attività sia Pontedera sia a Vigorso che nel bolognese. 

I commenti Il progetto si presenta particolarmente impegnativo e “sfidante” perché «costruire una protesi funzionale in questi casi è molto difficile – come sottolinea il responsabile scientifico Christian Cipriani – soprattutto in considerazione dei ridotti spazi a disposizione dove alloggiare i dispositivi elettronici e meccanici tipici di una protesi. Inoltre, la particolarità delle amputazioni di dita e di mano rende complessa l’applicazione di tecniche chirurgiche e protesiche di tipo
tradizionale. Eppure replicare i movimenti delle singole dita con modalità di controllo simili a quelle utilizzate dalle protesi di nuova generazione è un obiettivo raggiungibile come dimostra la comparsa sul mercato, negli ultimi anni, di alcuni dispositivi motorizzati. La novità del nostro progetto sta invece nello sviluppare un sistema protesico sensorizzato e connesso in modo bidirezionale con il suo utilizzatore. E’ questa – conclude Cipriani – la principale sfida del progetto che mira a realizzare un prototipo di protesi falangea sulla quale disporre una sensorizzazione capace di ridare all’amputato una sensibilità perduta».

Il progetto In questo nuovo progetto la Scuola Superiore Sant’Anna metterà a disposizione la propria consolidata esperienza nello svolgimento di attività di ricerca sulle protesi di mano e su “interfacce bidirezionali non invasive”, ovvero in grado di decodificare tanto le intenzioni di movimento provenienti da segnali registrati sul paziente, quanto di stimolare il moncone dell’amputato restituendo un esperienza di sensazione tattile utile per controllare la protesi. Per queste attività l’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna è riconosciuto fra i leader internazionali, come testimoniano anche numerosissime pubblicazioni su riviste scientifiche. 

Una partnership importante «Con questo accordo – dichiara il Presidente dell’Inail Massimo De Felice –  l’Inail continua a frequentare  la frontiera della ricerca. La robotica potrà portare grande innovazione nella qualità delle protesi e nelle pratiche della riabilitazione. La collaborazione tra l’Istituto di Biorobotica del Sant’Anna e il Centro Protesi di Budrio garantisce una mistura eccellente tra capacità progettuali e esperienza Applicativa». «Quella con Inail ed in particolare con il Centro Protesi di Budrio – aggiunge Paolo Dario, direttore dell’Istituto di Biorobotica – è una conoscenza che viene da lontano, iniziata trent’anni fa con il professor Johannes Schmidl, vero innovatore in campo protesico, poi proseguita negli anni novanta con la creazione di un centro che ha dato impulso alla ricerca in campo protesico, per giungere sino ad oggi, a questo importante progetto su cui lavoreremo ancora in partnership».