Si chiama “infermiere di famiglia e di comunità” la nuova figura professionale che fa il suo ingresso nella sanità toscana. Un infermiere che esce dall’ospedale e segue il paziente al suo domicilio, in famiglia, nella sua vita quotidiana, in stretta collaborazione con tutti gli altri professionisti impegnati nel percorso assistenziale. Con l’obiettivo di intercettare e addirittura prevenire i suoi bisogni di salute, evitare ricoveri inutili, favorire la deospedalizzazione, presidiare l’efficacia dei piani terapeutico-assistenziali, supportare la famiglia e in sostanza migliorare la qualità di vita della persona nel suo contesto di vita.
Vicini al malato e alla famiglie Il modello assistenziale “Infermiere di famiglia e di comunità” rappresenta sul territorio l’evoluzione di funzioni professionali già svolte per la salute della collettività che il mutamento dei bisogni socio-sanitari dei cittadini rende necessaria per la qualità delle cure. Il modello è basato su alcuni concetti portanti, tra cui quello della prossimità con la persona, la famiglia e il suo contesto di riferimento sociale: ogni infermiere di famiglia e di comunità opera nel territorio e nella popolazione di riferimento, identificabile di norma nell’ambito delle AFT (Aggregazioni funzionali territoriali) della medicina generale, interagendo con i medici e i pediatri di famiglia e tutte le altre figure professionali coinvolgibili nella presa in carico. L’infermiere di famiglia e di comunità, in coerenza con il Piano Nazionale Cronicità, cura il monitoraggio dello stato di salute degli assistiti, mediante visite domiciliari, follow up telefonici, telemedicina, in modo da evitare che sia la persona a rivolgersi ai servizi solo quando sono già presenti disturbi o complicazioni; presidia i passaggi di setting assistenziale, con particolare riguardo agli aspetti più critici della continuità delle cure facendosi garante della presa in carico lungo l’intero percorso assistenziale.
Un nuovo modello organizzativo Questo nuovo approccio spinge l’organizzazione al superamento dell’attuale sistema delle competenze organizzato per “silos”, cioè aree assistenziali limitate alla componente specialistica del singolo bisogno (cure palliative, sanità di iniziativa, cure domiciliari integrate e prestazionali), che ha prodotto la frammentazione dei servizi territoriali e la discontinuità delle cure, verso un modello orientato all’unitarietà dell’approccio e centrato sulla persona e sulla globalità dei suoi bisogni.
Tempi e modi di attuazione La delibera di attuazione del progetto, approvata dalla Giunta regionale, prevede un percorso formativo organizzato nella prima fase a livello regionale, rivolto alla formazione degli infermieri delle zone distretto nelle quali avrà avvio lo sviluppo operativo del modello. La fase pilota di avvio, di durata annuale, sarà condotta in almeno 2 zone per ciascuna azienda sanitaria della Toscana, individuate a livello aziendale. La delibera regionale prevede inoltre la costituzione di una cabina di regìa tecnica regionale, composta dai direttori dei Dipartimenti delle professioni infermieristiche e ostetriche, dai direttori dei Dipartimenti delle cure primarie e dai rappresentanti legali degli Ordini degli infermieri della Toscana, con funzioni di monitoraggio su avvio e andamento fase pilota, definizione del percorso formativo regionale e identificazione degli indicatori di valutazione di impatto nel SSR del nuovo modello assistenziale.