Uno speciale forno a microonde appositamente progettato per smaltire copertoni e pneumatici che non si possono più utilizzare. Un sistema che produce energia, si autoalimenta, evita l’incenerimento e riduce l’impatto sull’ambiente delle gomme “al capolinea” dando vita a nuovi materiali – un gas, un liquido e una componente solida – interamente riutilizzabili. È il cuore di un’invenzione tutta fiorentina nata per risolvere il problema degli pneumatici arrivati a “fine carriera”, definiti tecnicamente pneumatici “fuori uso” (PFU). Rifiuti speciali veri e propri che in base alle direttive europee non possono essere conferiti in discarica né integri né frantumati (eccetto le gomme delle biciclette). Di questi, una parte viene impiegata per produrre nuovi copertoni, in lavori di ingegneria o come combustibile, un’altra bruciata negli inceneritori. Per la restante rimane l’incognita su dove smaltirla.
Lo studio Un’idea apparentemente semplice quella del “microonde per gomme” – dal momento che è basata su uno dei sistemi più diffusi tra le famiglie italiane per riscaldare in pochi secondi cibi ed alimenti – ma destinata ad avere un effetto rivoluzionario. Tanto che il prossimo obiettivo dei suoi inventori è la creazione di un impianto che avvii il trattamento termico degli pneumatici – ma anche di altri materiali plastici – a livello industriale. L’invenzione si chiama Tyrebirth e porta la firma del Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze e dei due chimici Piero Frediani, già professore ordinario di Chimica industriale all’Ateneo fiorentino, Silvio Occhialini, coordinatore del progetto, e dei loro collaboratori Luca Rosi, Marco Frediani, Andrea Undri e Stefano Meini. A finanziare la ricerca è il Gruppo CAF guidato da Simone Gramigni, tra le aziende leader nel campo del sollevamento pesante, attiva nei settori delle bonifiche e dello smaltimento: è lei a detenere il brevetto di ricerca di Tyrebirth già depositato in Europa, Stati Uniti, Australia e Canada. «Siamo di fronte ad una innovazione che potrà cambiare profondamente le abitudini del comune smaltimento degli pneumatici – dice Gramigni -. Fa piacere il fatto che sia nata in Toscana, da una collaborazione tra un’azienda del territorio e l’Università di Firenze. Adesso si apre la sfida vera: dopo la fase di sperimentazione e ricerca, Tyrebirth è pronto per misurarsi con il mercato, sia nazionale che internazionale, assumendo carattere e dimensioni di un processo industriale vero e proprio».
Come nasce la ricerca La ricerca di una soluzione per lo smaltimento delle gomme inizia nel 2007. All’epoca, come del resto oggi, gli pneumatici non più utilizzabili venivano sminuzzati, mescolati con la sabbia calda per essere pirolizzati o impiegati nei cementifici come combustibile: una soluzione che comportava una notevole perdita di materiale e un grande dispendio di energia.
La pirolisi e l’impiego delle microonde Il gruppo di studio pensa fin da subito di ricorrere alla pirolisi, ossia di decomporre termicamente i copertoni. «Le gomme – spiegano gli inventori di Tyrebirth – hanno però un grosso problema quando vengono trattate con pirolisi: sono isolanti e non trasmettono calore». Da lì l’intuizione, che dà il via all’invenzione vera e propria, di impiegare le microonde. «Le microonde – continuano i ricercatori – sfruttano una caratteristica peculiare degli pneumatici, ossia quella di contenere carbone per circa il 30 – 40%. È il carbone ad assorbire le microonde facendo sì che il riscaldamento dei copertoni avvenga dall’interno».
Un sistema veloce e ecosostenibile Segue la realizzazione del primo prototipo e la successiva messa a punto di un forno a microonde per la pirolisi delle gomme affidata ad una delle aziende leader del settore, la Microglass di Pordenone. Il forno è capace di portare in pochi minuti la temperatura del materiale fino a 700°, riuscendo a decomporre termicamente i copertoni in appena mezz’ora e in maniera uniforme e veloce, con un sistema semplice che fa risparmiare tempo e energia e che non produce gas serra da disperdere nell’ambiente. Il consorzio Ecopneus, leader nella raccolta di copertoni, riporta di aver raccolto nel solo 2015 ben 247.966 tonnellate di pneumatici che oggi restano in gran parte inutilizzate, tra l’altro con notevole ingombro, considerate le dimensioni di ciascun copertone. Cifre che rendono bene l’idea dell’effetto che questa invenzione potrebbe avere nel ridurre l’impatto ambientale degli pneumatici arrivati “al capolinea”.
Riciclo al 100% In seguito alla scomposizione termica dei copertoni si formano un gas (15-20%), un liquido (35-40%) e un materiale solido (45%) che possono essere totalmente reimpiegati andando così a chiudere il ciclo completo del processo. Nel dettaglio, il gas è costituto da idrogeno e idrocarburi gassosi (metano e gpl) che possono essere utilizzati come combustibili per riscaldamento e per produrre l’energia elettrica che alimenta l’impianto stesso. Il liquido è una miscela di idrocarburi con caratteristiche molto simili a un gasolio che può essere impiegato come carburante per le navi e, se “purificato” dal’1% di zolfo che contiene, anche per le auto. In media, dalla pirolisi di un copertone del peso di circa 8 kg si ottengono circa 3.2 kg di liquido. Il residuo solido è polvere di carbone dall’alto valore calorifico (carbon black) che può essere “pellettizzato” e utilizzato come combustibile solido. Oppure può essere impiegato come riempitivo per produrre nuovi pneumatici o come carbone attivo (assorbente) o combustibile smokeless. Nel residuo solido compare anche ferro (5%), che può essere separato dal carbone con una calamita e reimpiegato. Dopo la fase di sperimentazione, il prossimo passo in avanti sarà la realizzazione del forno industriale inserito in un impianto per il trattamento dei copertoni. I ricercatori e i progettisti hanno già sviluppato un forno che possa sottoporre a pirolisi venti pneumatici alla volta. Con sei macchinari del genere, si possono scomporre ogni ora – se si considerano anche i tempi necessari per il riscaldamento e il raffreddamento dei forni – circa 120 pneumatici.