L’assessore del Comune di Siena Paolo Benini è stato condannato in primo grado per diffamazione aggravata a mezzo social network per gli insulti omofobi nei confronti di un partecipante al Toscana Pride del 2018 avvenuto nella città del Palio.

E’ la sentenza con giudizio immediato del giudice monocratico Jacopo Rocchi che ha condannato l’assessore Benini, all’epoca dei fatti non in Giunta, insieme ad altri 4 imputati, al pagamento di 900 euro di multa oltre ad una provvisionale di 3mila euro per risarcimento danni alla persona offesa. A difendere l’assessore in aula il sindaco di Siena Luigi De Mossi, avvocato del foro cittadino. Le 5 persone erano state rinviate a giudizio dopo la pubblicazione su facebook di una foto di un partecipante al Toscana Pride a cui avevano fatto seguito commenti omofobi. A far scattare le indagini era stata la denuncia da parte della persona ritratta nella foto.

«Sentenza storica» «Oggi sentenza storica a Siena che conferma che l’omofobia non è un’opinione e che insultare le persone gay, lesbiche, bisessuali, transgender, intersex e asessuali è reato». Questo il commento della presidente di Arcigay Siena – Movimento Pansessuale Greta Sartarelli. «Scandalose le argomentazioni della difesa assunta tra gli altri anche dal sindaco di Siena l’avv. Luigi De Mossi in deroga ad ogni ragione di opportunità politica – prosegue Sartarelli – . Una difesa che ha strenuamente sostenuto che gli insulti omofobi fossero frutto della goliardia caratteristica dell’ambiente universitario senese. Ancora più grave, è che si sia tentato di minimizzare l’accaduto, negando il movente palesemente omofobico dei commenti, raccontando tutta un’altra storia. Si è addirittura arrivati a sostenere che gli imputati non fossero al corrente che quel giorno a Siena ci fosse il Toscana Pride e che la persona vestita da angelo non fosse diretto alla parata, solo perché lontano da Piazza del Campo e che il suo abbigliamento violasse le regole di decoro urbano e urtasse la sensibilità di un padre di famiglia quale era uno degli accusati poi condannati. Adesso, ci aspettiamo che il Parlamento approvi una legge seria contro l’omo-bi-lesbo-transfobia in modo che non ci si debba più affidare solo alla giurisprudenza illuminata per avere giustizia. Siamo orgogliosi di poter affermare che da oggi – anche a Siena – chi odia, paga».

L’esultanza della vittima su Fb «Ho vinto!- scrive la vittima degli insulti omofobi su Facebook –  Due anni fa fui fotografato per strada mentre andavo al Toscana Pride di Siena. La foto, senza il mio consenso, fu pubblicata su facebook con commenti tutt’altro che edificanti. Altri commenti di uguale tenore furono aggiunti sotto la foto pubblicata nello stesso social. Denunciai tutto alla Magistratura, quando seppi questi fatti. Oggi il giudice mi ha dato ragione ed ha condannato 5 tra coloro che si sono resi responsabili di quella diffamazione. Andavo al Toscana Pride e fui insultato. Oggi è stato detto che non si può fare. Che questo è reato penale. E’ stato detto in processo, da un giudice. Non è una vittoria soltanto per me, ma soprattutto per tutte le persone, in gran parte giovani, intimidite e impaurite da chi tiene comportamenti omofobi, costrette a nascondersi, al silenzio. Fa male vedere come chi difende la liceità di diffamare, talvolta lo faccia rivendicando la libertà di espressione. La libertà di espressione è negata a chi è diffamato, intimidito, ridotto al silenzio da chi ha paura di qualcuno per ciò che è e nulla più. Non è difesa da chi diffama e cerca di intimidire e obbligare a nascondere. Io ho avuto la forza di combattere, anche avendo di fronte persone in vista e potenti. Spero che la mia vittoria sia di incoraggiamento a chi sottostà alla minaccia e si nasconde. Si può essere sé stessi senza averne paura. Chi vuol far paura perde, ha perso e perderà» conclude.