sarajevoE’ di fondamentale rilevanza che qualcuno, in simile società, si dedichi all’esplorazione e al superamento dei confini.

Così affermava il mai troppo rimpianto Alex Langer. E io aggiungo che anche una bicicletta può aiutarci a superare i confini. A volte, anzi, è il miglior dei modi: sarà che si viaggia leggeri, senza ingombrare o reclamare attenzione.

Per capire cosa intendo provate a leggere “Sarajevo ti entra nel cuore” di Fabio Masotti (Ediciclo edizioni), viaggio su due ruote nei territori di uno Stato che non è uno Stato, di uno Stato che è tre Stati, di uno Stato che viene da definire come la società che ci è stata apparecchiata: semplicemente “liquido”.

Eccoci nel cuore dei Balcani martoriato dalla guerra che prima dell’Ucraina veniva facile classificare come l’ultima dell’Europa, ora è meglio dire l’ultima del Novecento – secolo cominciato e concluso a Sarajevo. In quella Bosnia-Erzegovina che riconosciamo in una bandiera, in una nazionale di calcio, in confini tracciati sulla carta di un accordo ma non nella testa della gente. Musulmani, croati, serbi che ancora non hanno appreso la buona arte della convivenza.

Non si può capire, se non viaggiando lenti. Se non provando a sintonizzarsi con la gente che incontri. Il fruscio dei pedali, le soste, le conversazioni nei locali che sono di tutti. Spiedini e birra a volontà. Storie che si intrecciano. Storie che prima di diventare pagina di libro entrano  nelle borse da viaggio del cicloturista.

Da Spalato a Sarajevo, da Sarajevo a Visegrad, Goradze, Mostar. Città di ponti che per secoli hanno unito. Città di ponti che la guerra ha distrutto. Quindi il miracolo: le ruote della bicicletta – e poi le parole di questo libro – sono come pietre per tirare su nuovi ponti.