Viaggiavano nascosti in anfratti, tra gli infissi, raggomitolati su loro stessi, senza poter mangiare, bere o parlare per almeno le 12 ore che separano la Romania dall’Italia. Se provavano a lamentarsi, venivano pesantemente minacciati e, a volte, anche picchiati. Così viaggiavano dei clandestini originari dello Sri Lanka e del Bangladesh e che, dopo aver fatto tappa in Romania, arrivavano in Italia, per fermarsi o per proseguire verso la Francia. La Polizia ha sventato un’associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al cui vertice stava un cingalese che vive a Lucca da molti anni, finito in manette assieme ad altri 8 sodali.
Il sodalizio La Polizia ha dato il via all’operazione ‘Lucca’ lo scorso 14 dicembre, quando sono scattati i primi arresti, terminati ieri sera: in tutto sono finiti in manette sei cittadini dello Sri Lanka e 3 rumeni. Il capo di questa organizzazione e promotore dell’attività, vive a Lucca – da cui il nome dell’operazione che ha interessato anche altre province – ha 48 anni ed è stato tra i primi a finire in manette. E’ stato grazie a lui che è partita l’indagine, in quanto fratello di uno dei cingalesi implicati nell’omicidio di un cuoco, sempre della stessa nazionalità, nella sua abitazione a Lucca, avvenuto la scorsa primavera. In realtà, non vi è una connessione tra l’organizzazione gestita dall’uomo, ma, vedendo i precedenti che questo aveva, la Polizia ha voluto approfondire le sue attività. Ed è così che è venuto fuori che era a capo di questo sodalizio. In manette anche un rumeno residente a Lucca, 30 anni a cui carico vi sono precedenti per reati contro il patrimonio e favoreggiamento della prostituzione. Nel corso delle indagini è emerso che fosse uno strettissimo collaboratore del ‘capo’: era lui che doveva tenere i contatti e organizzare l’accoglienza dei cingalesi in Romania, in attesa del trasferimento in Italia.
Ramificazioni in tutto il Nord Le indagini della Squadra mobile di Lucca, diretta da Silvia Cascino, ha evidenziato come l’organizzazione avesse ramificazioni in tutto il Nord Italia e, in particolare, a Milano, dove il referente era un uomo del 1966, arrestato proprio a Milano lunedì. In manette assieme a lui ci sono finiti anche altre tre persone, tutte di origine cingalese. A Monza, invece, è stato fatto un altro arresto e a Cherasco (in provincia di Cuneo), è finito in manette l’autotrasportatore che doveva portare illegalmente in Italia i cingalesi temporaneamente ospitati in Romania. Quest’ultimo, già agli inizi di settembre, era stato arrestato dalla Squadra mobile lucchese e dalla Polizia di frontiera di Gorizia, in flagranza di reato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. «Erano giorni torridi – ricorda la dirigente della Mobile – e c’era il reale rischio che i clandestini che sapevamo stesse trasportando potessero avere dei malori o peggio, pertanto decidemmo di intervenire e di bloccare il furgone che stava guidando e che, come sempre, apparentemente trasportava infissi». Per riuscire a trovare i clandestini sono dovuti intervenire i Vigili del Fuoco, poiché gli infissi sul furgone Fiat Ducato erano sistemati in modo da nascondere completamente i vani dove erano stipati i cingalesi. Spazi angusti, ricavati tra gli infissi, dove i 7 clandestini – 4 uomini e 3 donne provenienti sia dallo Sri Lanka, sia dal Bangladesh – erano costretti a stare rannicchiati, tanto che, una volta liberati, non riuscivano nemmeno a stare in piedi. Domenica, Olarean è stato sottoposto alla misura cautelare in carcere per ‘viaggi’ analoghi a quello dell’8 settembre.
Come operava l’organizzazione I clandestini che avevano come meta l’Italia passavano prima dalla Romania, grazie a un visto turistico o di lavoro temporaneo, per poi proseguire il viaggio verso l’Italia, dove arrivavano passando i confini di Trento e Gorizia nei furgoni di infissi. Gli autotrasportatori avevano l’accortezza di cambiare spesso (se non sempre) le strade percorse in questi viaggi. Una volta in Italia, i luoghi di incontro venivano concordati e cambiavano spesso anch’essi. Ad accogliere i clandestini era il boss: poteva capitare che i clandestini non avessero con loro tutta la somma da pagare per il viaggio, a causa di ritardi che li avevano trattenuti in Romania per un tempo maggiore di quello previsto. Questo faceva sì che i clandestini venissero trattenuti in un casolare di Monza Brianza e venivano riconsegnati ai parenti solo quando arrivava il pagamento sui conti che erano stati aperti in istituti di credito in Sri Lanka. Il costo dei viaggio dalla Romania in Italia era di 3mila 500 euro, mentre dallo Sri Lanka, compresa la tappa rumena, era di 6-7mila euro a persona. Di questi circa 800 a persona andavano all’autotrasportatore che, oggettivamente, era quello che maggiormente rischiava di essere colto, come accaduto peraltro a Olarean a settembre. Il Pm titolare dell’indagine ha contestato anche il reato di estorsione ad alcuni degli indagati: la polizia infatti ha documentato le violenze e le minacce consumate contro quei clandestini ‘insolventi’.
I viaggi nei furgoni dei clandestini L’indagine è iniziata lo scorso mese di maggio e ha documentato vari viaggi di clandestini, avvenuti il 6 e 19 luglio, l’8 agosto, l’8 e 18 settembre e il 4 ottobre, che ha visto entrare clandestinamente 60 persone in Italia, diretti a Milano o a Verona. Una volta arrivati in Italia, i clandestini raggiungevano varie regioni, tra le quali la Toscana: in alcuni casi, l’organizzazione garantiva loro – ovviamente sotto pagamento di una somma extra – il transito in Francia attraverso la frontiera di Ventimiglia. I clandestini erano prevalentemente uomini (ma c’erano anche donne) di un’età tra i 20 e i 40 anni. Questa organizzazione non trattava né anziani né bambini, probabilmente per la durezza dei viaggi che non sarebbero stati possibili per queste fasce più deboli. Soprattutto i bambini avrebbero potuto piangere o lamentarsi e mettere così a rischio di essere scoperti i due autotrasportatori, in caso di controlli.