SIENA – Riunito, bello, splendente: il Trittico di Santa Chiara, capolavoro del Duecento, attribuito a Guido da Siena, ha trovato la sua giusta collocazione nella Pinacoteca Nazionale di Siena. Questo grande risultato, raggiunto grazie alla collaborazione con la Galleria dell’Accademia di Firenze, ha concretizzato l’importante progetto, sviluppato da tempo, di ricomposizione di questa preziosa opera. L’autonomia speciale, prerogativa dei due musei, dà i suoi buoni frutti. La Pinacoteca Nazionale di Siena, dopo il riconoscimento del nuovo status, sotto la direzione di Axel Hémery, ha avviato un valido percorso: una migliore organizzazione ed un’efficace strategia, le hanno già permesso di acquisire importanti opere ed avviare rilevanti programmi.

La riunificazione sintetizza un complesso processo. L’iter di ricomposizione nasce da un’intuizione dello storico dell’arte Miklos Boskovits: ebbe l’idea di accostare la parte centrale del trittico, la Madonna con Bambino conservata presso la Galleria dell’Accademia di Firenze, oggi diretta da Cecilie Hollberg, con i due sportelli, raffiguranti storie di Santi, della Pinacoteca Nazionale di Siena.

Le relazioni fra i due musei per la ricomposizione proseguono da vent’anni, eredità di valide iniziative nel passato per esporre le due opere nella stessa sede. Fino ad arrivare ai  nostri giorni quando la parte centrale con la Madonna in trono, è stata trasportata a Siena, conservata in un deposito di lungo periodo. Sarà affiancata dalle due parti laterali con storie di santi già esposte nella sala 2 della Pinacoteca, dove si trovano altre opere di pittori protagonisti del Duecento senese.

«Il generoso deposito, concesso da Cecilie Hollberg che ringrazio – dice il direttore della Pinacoteca Hémery -, permette di concretizzare un progetto fermo nel cassetto per anni. Una collaborazione virtuosa di due musei statali dotati di autonomia speciale, che ha permesso di far nascere un nuovo capolavoro del Duecento senese». «Una partnership importante tra istituzioni ha permesso di accostare tre tavole che formano oggi una straordinaria opera – dichiara Hollberg direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze –. La parte centrale raffigurante la Madonna in trono è stata per molto tempo nel mio ufficio. Naturalmente un po’ mi mancherà ma giustamente la ricerca e la conservazione hanno prevalso, consentendo all’opera di tornata nella sua collocazione originale».

La Madonna con Bambino è raffigurata secondo l’iconografia bizantina dell’odigitria: la Vergine che indica il figlio, seduta su un trono dalla struttura sontuosa; le scene relative a San Francesco e Santa Chiara riferite a Dietisalvi di Speme, negli sportelli laterali, sono messe in parallelo ai martirii di San Bartolomeo e di Santa Caterina d’Alessandria, legando così i santi contemporanei a quelli dei primi secoli della cristianità.

Il dipinto proviene probabilmente dal monastero di Santa Petronilla, sede senese delle clarisse, come suggerisce la presenza dei due francescani. Le parti dell’opera hanno inoltre avuto vicissitudini conservative differenti e pertanto non mostrano una perfetta omogeneità coloristica e della superficie pittorica.

I punti di giuntura della parte centrale, comunque,  combaciano esattamente con quelli degli sportelli laterali. Questo elemento è stato molto importante per attribuire le parti a una stessa opera. I dipinti medievali erano diversi fra loro e le dimensioni variavano abitualmente. Sarebbe stata una strana coincidenza trovare tale combinazione fra due opere diverse. L’apparente differenza di composizione fra la parte centrale con la Madonna e il bambino e le piccole scene laterali, di carattere narrativo, trova altri esempi nelle opere della sala, dove si trovano dipinti di Guido da Siena e Dietisalvi di Speme. Si tratta di due dei principali artisti della Siena del XIII secolo, autori di importanti opere come la Madonna di San Domenico di Guido o quella del voto attribuita a Dietisalvi. Fra le due botteghe doveva esserci una stretta collaborazione: lo dimostrano altre opere in cui sono state individuate le mani dei due pittori, come il dittico del Beato Gallerani esposto nella  sala del Trittico.

La proposta di questo ricongiungimento è tutt’oggi molto dibattuta fra gli storici dell’arte. I due musei auspicano che questa credibile esposizione possa risultare convincente ed essere di supporto per ulteriori studi e riflessioni.