ROMA – “Siamo rimasti nell’ufficio un minuto, un minuto e mezzo. Nessuno ha toccato niente. Era tutto in ordine. Ricordo che la finestra era aperta”.
Nella lunga narrazione sulla morte di David Rossi, di questo passaggio non c’è traccia ufficiale. Pietro Careddu, al tempo in servizio presso i carabinieri di Siena, non stese alcuna annotazione sul sopralluogo nell’ufficio del manager: un’ispezione precedente a quelle poi fatta dai magistrati nella stessa sera. Insieme al collega Rocco Gaudino era a bordo della volante, che giunse in vicolo di Monte Pio verso le 21 del 6 marzo 2013. Dalla centrale operativa erano stati dirottati in via dei Rossi, dopo la chiamata al 112 di Bernardo Mingrone. Rossi era morto da almeno tre quarti d’ora.
“Abbiamo incrociato il mezzo della Questura e ci hanno detto che andavano a chiudere l’ufficio di Rossi”, ha raccontato l’agente alla commissione che indaga sul decesso del responsabile della comunicazione di Banca Mps. Si trattava dei poliziotti Livio Marini e Federico Gigli, che poco prima su suggerimento dell’allora comandante dei carabinieri, Pasquale Aglieco, si erano diretti all’interno di Rocca Salimbeni. “Uno dei poliziotti ha aperto l’ufficio – ha sottolineato Careddu -. Cardiello (il luogotenente che lo aveva accompagnato, ndr) ci ha detto di guardare se c’erano dei bigliettini per capire se avesse scritto qualcosa. Ho pensato che si trattasse di suicidio”.
Uscito dalla sede dell’istituto di credito, Careddu, su ordine di Cardiello, va a prendere il pm Nicola Marini, mentre Gaudino resta a presidiare il vicolo di Monte Pio. L’altro carabiniere, oggi in pensione, non ha fornito quasi nessun elemento ulteriore. “Mi sono preoccupato di evitare che i curiosi entrassero nel vicolo”, ha evidenziato il brigadiere, che interpellato su possibili movimenti, ha aggiunto: “Non ho fatto chiamate o altro. Era presente il comandante Aglieco, quindi, in caso, ha provveduto lui a tenere contatti”. Gaudino, tuttavia, non si è detto stupito della presenza di così tanti rappresentati delle forze dell’ordine: “Vista la situazione, penso sia normale che ci fossero tanti ufficiali”.
Prima di loro, i commissari avevano ascoltato Angelo Ciampi e Alessandro Scarfone. Entrambi erano in servizio presso la centrale operativa dei carabinieri. A loro la commissione ha chiesto di ripercorrere i passaggi fatti successivamente alla telefonata di Mingrone. Nessuno di loro ha parlato con il pm di turno e le uniche mosse rilevate sono state le chiamate alla questura e alla volante in servizio. Il vicepresidente Luca Migliorino, durante il confronto con Scarfone, ha evidenziato che dai tabulati risultano diverse chiamate oltre quelle citate. L’agente ha detto però di non ricordarsele e che comunque lui non le ha fatte. Tutte le audizioni hanno avuto una parte secretata.