FIRENZE – I prodotti legati alle attività illegali in Toscana valgono in 1,2 miliardi. Dieci volte superiore è il valore dell’economia sommersa. Il totale è di 11,3 miliardi, in pratica l’11,7% del pil regionale.
Dati che emergono dal “Rapporto 2023 su illegalità e criminalità organizzata nell’economia della Toscana” redatto dall’Irpet. Il profilo delle province toscane non pare caratterizzato da sostanziali fragilità di natura socio-economica. Ma il rapporto invita a considerare le imprese cosiddette cartiere (quelle nate con intenti di evasione, elusione o riciclaggio attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti) che incidono per il 3,6% del totale, contro il 5% in Italia.
I settori con valori più elevati sono quello finanziario-assicurativo (6,6%), costruzioni (5,8%) e commercio (5,4%). La mortalità aziendale anomala (in eccesso) si addensa prevalentemente nei settori dell’abbigliamento e pelletteria e calzature (Prato, Empoli).
Il ricorso in eccesso al part-time riguarda principalmente l’area della Toscana settentrionale (a più alto tasso di imprenditorialità), e in particolare Prato, dove supera il 40% dei contratti, soprattutto nel settore dell’abbigliamento. Nel confronto nazionale, la Toscana si pone in coda (al 16°posto) per il dominio “indicatori oggettivi di presenza di crimine organizzato” (associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere, interdittive antimafia, aziende in gestione e destinate, immobili in gestione e destinati, operazioni finanziarie attinenti criminalità organizzata).
“Le mafie – ha detto il presidente Eugenio Giani – si combattono parlandone a voce alta e dandoci gli strumenti necessari di studio e analisi. Per questo non si può che esprimere apprezzamento e gratitudine per tutti coloro che hanno lavorato a questa nuova edizione, che ci rende tutti più attrezzati nella battaglia per la legalità. Di qualunque tipo sia la criminalità prospera se non le si presta la giusta attenzione, se la si sottovaluta, senza dotarsi dei giusti strumenti per riconoscerla e farla emergere nelle attività, nelle relazioni, nelle modalità operative. Noi questa operazione la compiamo ogni anno. Ringrazio anche le istituzioni statali, la Procura e la Magistratura che ci affiancano in questo fondamentale compito”.
Una quantificazione dell’Irpef evasa in Toscana restituisce un ammontare di poco superiore a 2,5 miliardi di euro, in linea con la media nazionale. Il differenziale tra dovuto e pagato relativamente all’Imu nel 2020 era pari al 23,2% con un mancato gettito di 319 milioni contro un gettito effettivo di un miliardo.