LUZI-MONTALCINIAnche il Senato della Repubblica ha ricordato il centenario della nascita di Mario Luzi con un convegno (“Il secolo di Mario Luzi”) svoltosi nella Sala Capitolare del Convento Santa Maria sopra Minerva a Roma. Nell’occasione è stato proiettato anche il documentario di Marco Marchi “In Toscana. Un viaggio in versi con Mario Luzi” prodotto da Videodocumentazioni per la regia di Antonio Bartoli e Silvia Folchi. Accurata e saggia la scelta dei testi elaborata da Marchi, illuminanti i frammenti di interviste a Luzi, ricercate e di forte impatto emotivo le immagini. Il filmato mira a evidenziare il rapporto tra poesia luziana e paesaggio toscano, dove il poeta scelse di “ubicare” la sua riflessione sulla condizione umana, sul tempo, sui destini universali. Il video è interamente girato in 4K con la sensibilità e il rigore che appartengono ai due registi senesi. Rarefatte e di forte impatto evocativo le musiche composte da Francesco Oliveto.

L’iniziativa romana, curata da Paolo Mettel e Stefano Verdino e organizzata dall’Associazione Mendrisio “Mario Luzi poesia del mondo” con il Centro studi Mario Luzi “La Barca”, ha dato spazio agli interventi di un nutrito gruppo di studiosi e critici letterari quali Giulio Ferroni, Giuseppe Langella, Eugenio De Signoribus, Armando Torno, gli stessi Mettel e Verdino.

Il senatore a vita Quanto mai opportuna questa iniziativa che ha visto coinvolto il Senato della Repubblica, omaggio alla memoria di un suo senatore a vita che come tale venne nominato il 14 ottobre 2004 dal presidente Carlo Azeglio Ciampi. Si ricorderà che la nomina di Luzi fu caldeggiata da una vasta raccolta di firme provenienti da diverse città italiane. Tra queste Siena, da dove – alacre coordinatore Carlo Fini – partì un’istanza alla volta del presidente della Repubblica in cui si sottolineava come Mario Luzi fosse un profondo interprete della cultura contemporanea e, quindi, non soltanto una voce poetica tra le più alte del nostro tempo, ma anche una rara figura di intellettuale di elevato profilo etico ed estetico, aperto all’impegno civile, ricco di interessi umani e di tensioni religiose, al di fuori di ogni fazione o congrega.

Purtroppo Luzi, dopo qualche mese (il 28 febbraio 2005) sarebbe morto improvvisamente nella sua casa di Bellariva a Firenze. L’allora presidente del Senato, Marcello Pera, fece pubblicare nel marzo successivo il discorso che il Poeta avrebbe dovuto tenere nell’aula di Palazzo Madama. In quell’intervento il neo-senatore a vita badava a precisare che non era «un uomo di parte, né di partito e neppure di partito preso». Le ragioni della sua presenza in tale contesto istituzionale – diceva lui – erano dovute, al di là dei propri meriti, alla necessità di «significare un lato della nostra realtà troppo spesso trascurato e maltrattato, quando dovrebbe essere privilegiato e sostenuto in tutte le sue manifestazioni di splendore e di bisogno». Cioè il settore della cultura, dell’arte, della loro storia, dei loro documenti e monumenti, della loro attualità. Nell’intervento si affermava anche che «l’Italia è un grande paese in fieri, come le sue cattedrali». E, a detta di Luzi, proprio da una siffatta condizione di continuo divenire la nazione doveva ricavare unità e forza di ascesa, non dimenticando che «la sanzione di quella ascesa è lo stato, per il quale si debbano avere, data la nostra storia, speciali riguardi».

Il poeta civile Davvero un bel messaggio che fa tornare alla mente il Poeta civile, pienamente immerso nella storia, partecipe della vicenda umana e della con/passione che essa chiede. Come quando, dopo l’attentato mafioso in via dei Georgofili a Firenze, scrisse quei versi struggenti: «Città colpita al cuore, / straziata, non uccisa; / unanime nell’ira / siilo nella preghiera». E poi un’implorazione: «Ti soccorra la tua pietà antica, / ti sorregga una fierezza nuova. / Sii prudente, sii audace. / Pace, pace, pace».

Più sferzante, invece, il celebre testo che risale all’epoca degli anni di piombo. Laddove Luzi osserva, con dolore e rabbia, che «muore ignominiosamente la repubblica», mentre altrettanto ignominiosamente «la spiano i suoi molti bastardi». E – denuncia ancora il poeta – nella stanza accanto i corvi affilano il becco, i suoi orfani si azzuffano, gli sciacalli si sbranano tra di loro. Così «Tutto accade ignominiosamente, tutto / meno la morte medesima – cerco di farmi intendere / dinanzi a non so che tribunale / di che sognata equità. E l’udienza è tolta».

Nel suo mancato discorso al Senato, Mario Luzi terminava con una considerazione: che rivoluzione e miglioramento possono equamente curare lo stato, ma – sosteneva – a nessuno deve essere consentito di tradirlo e spregiarlo. Quasi superfluo evidenziare l’attualità di questa raccomandazione. Onore, dunque, alla memoria del senatore a vita Mario Luzi. Che non è più in vita, ma la cui presenza perdura attraverso la sua opera, il valore intellettuale, letterario ed etico che le sue pagine sanno esprimere ai livelli più alti.