Rubare, massacrare, rapinare, questo i Romani, con falso nome, chiamano impero e là dove hanno fatto il deserto, dicono d’aver portato la pace
Che parole che sono queste, forse le più famose, le più citate, del più grande storico romano. In altri tempi ho penato sulle pagine di Tacito, ma i tempi del liceo e delle traduzioni sono lontani, e ora posso solo ammirarne la grandezza.
Tacito, lo storico che con un giudizio secco, nell’economia di un rigo o poco più, sa scolpire un’epoca, un evento, uno snodo della storia. Ma anche l’uomo profondo conoscitore dell’uomo, scrittore morale che indaga le passioni e gli interessi che muovono noi tutti.
La vita sotto quel regime di spie che fu l’impero di Domiziano?
Avremmo perduto persino la memoria, insieme con la voce, se fosse in nostro potere il dimenticare quanto il tacere
Ma sono soprattutto le parole del capo barbaro Calgalo, pronunciate nell’imminenza della battaglia con i romani, a commuovermi. Là dove hanno fatto il deserto…
A commuovermi perché il grande storico fa quello che si dovrebbe chiedere a tutti gli uomini: prova a immedesimarsi nel nemico, gli restituisce la voce.
“La Vita di Agricola”, allora, ancora di più de “La Germania”, dove pure non trattiene l’ammirazione per quei barbari semi nudi e feroci, ma anche dotati di un’integrità che ormai manca ai romani dell’impero.
Ancora di più: perché rende i barbari uguali a noi.