ROMA – “Dalle indagini della polizia postale di Genova emerge che nel computer di Rossi vengono trovati 35 contatti (nella cronologia delle ricerche su un motore di ricerca, ndr) tra il 1 marzo e il 6 marzo relativi alla parola ‘suicidio”. A dirlo il pm Nicola Marini, davanti alla commissione che indaga sulla morte di David Rossi.
Una dichiarazione che era sta preceduta dalla contrarietà di alcuni commissari. Il magistrato ha poi ha dettagliato questo particolare: “L’ultimo è relativo al pomeriggio del 6 marzo in merito a ‘soldi, crisi, suicidio’. In una deposizione Chiara Galgani (appartenente allo staff comunicazione di Mps, ndr) parla del loro incontro e dice che Rossi era assorto nei propri pensieri davanti al sito ‘Dagospia”. Questo emerge anche nei siti contattati quel giorno”.
Marini ha iniziato la propria narrazione dalla chiamata del collega Antonino Nastasi: “Mi disse che era morto Rossi. Visto che c’era una vicinanza al caso Mps abbiamo deciso di intervenire in prima persona. Nei casi di suicidio di solito non interveniamo, ma diamo indicazioni alla polizia giudiziaria”. Il magistrato, che ha smentito la ricostruzione dell’ex comandante dei Carabinieri, Pasquale Aglieco, è poi arrivato al momento del sopralluogo nell’ufficio di Rossi: “La stanza era perfettamente in ordine, non c’era nulla fuori posto. Nulla faceva presagire una colluttazione o qualcosa di violenta”. E ancora: “L’unica cosa che faceva pensare a una disgrazia era affacciarsi alla finestra, dove si vedevano due dissuasori (per piccioni, ndr) piegati – ha detto il magistrato davanti alla commissione che indaga sul decesso del manager -. Immediatamente chiamo il medico legale. Nel frattempo mi richiama l’attenzione il luogotenente Marcello Cardiello, che mi fa notare all’interno del cestino dei bigliettini accartocciati. Furono dispiegati sul tavolo e letto il contenuto. Questo ci fece inclinare l’indagine. Non ci restava che andare a vedere il cadavere per chiudere il cerchio della ispezione iniziale”.
Il magistrato ha voluto poi chiarire anche gli aspetti legati al presunto spostamento degli oggetti: “Lo spostamento della sedia non cambia nulla nel quadro investigativo. La stessa polizia scientifica produce delle modifiche necessarie per fare i rilievi. Quando si parla di alterazione di scena del crimine, noi dobbiamo parlare di alcuni dati che non possono essere recuperati”. Marini si è concentrato quindi sul rapporto del medico legale: “Ero da solo, i miei colleghi non c’erano. Sul corpo di Rossi non c’erano né ferite di arma da fuoco, né da taglio. Noi indagavamo su un fatto che sin da subito era apparso come suicidio. Dopo i rilievi della scientifica, alle 23.30 ho ordinato la rimozione del cadavere, che è stato portato in obitorio”.
Marini ha quindi voluto smentire anche alcuni elementi emersi negli anni. Come il fatto che non fosse stata chiesta l’autopsia: “Ho dato disposizioni la sera del 6 marzo e il 7, alle 11, erano presenti le parti per l’affidamento dell’incarico. L’esame autoptico è stato svolto alle 17 del pomeriggio alla presenza del consulente di parte”. O al fatto che i vestiti fossero stati bruciati. “No, sono stati restituiti alla famiglia”, ha risposto Marini. La seduta è stato interrotta per il question time alla Camera. Dovrebbe riprendere a metà pomeriggio.