CHIUSDINO – E’ lì, fermo. Seduto su un passato importante e con tanti pensieri sul futuro. Sempre che ci sia, perché da anni il Mulino Bianco, che poi sarebbe il complesso del Molino delle Pile a Chiusdino (Siena), non ha né capo né coda.

Gli ultimi barlumi di vita per quello che è un simbolo per generazioni di italiani risalgono al 2019. Quando è stato tirato giù il bandone all’agriturismo dalla famiglia Burchianti, che ne è proprietà. Da allora, là dove Giuseppe Tornatore nel 1990 aveva girato uno spot nel 1990 con le musiche di Ennio Morricone, dando “fisicità” al marchio inventato da Barilla 50 anni fa, solo timidi tentativi di ripartenza (stroncati dal Covid) e annunci di vendita.

Nel giugno 2021 fu messo all’asta senza dare indicazioni precise sul posto. “Famosissimo complesso agrituristico in mezzo a un paesaggio suggestivo vicino alla ricercatissima Abbazia di San Galgano famosa per la Spada nella Roccia”, era scritto nell’annuncio dell’Igv. La base di partenza era 831 mila euro, quasi 300 mila in meno del prezzo originale. Non ci furono offerte. La proprietà poi saldò i debiti e pochi mesi dopo fu tolto dal mercato. Dove adesso si trova di nuovo, senza incanti nel mezzo però. Il prezzo è 1.450.000 euro.

“Nel 2012 era valutato 3.4 milioni”, racconta Francesco Oporti, capogruppo dell’opposizione, che ha chiesto al Comune di acquistarlo: “Credo che avrebbe possibilità di sviluppo, considerando le attrazioni turistiche della zona”.
All’orizzonte però il pubblico non si profila, perché nonostante la struttura abbia portato visibilità al territorio, l’amministrazione ha deciso al momento di puntare sugli altri gioielli della corona. L’Abbazia di San Galgano, una Rsa di proprietà comunale, un vanto per il sindaco Luciana Bartaletti, e la centrale geotermica.

Un realtà moderna e con prospettive interessanti, visto il rinnovo delle concessioni fino al 2046, ma che ha un profondo legame anche con il mulino. Prima che la Barilla (che ne fu proprietaria dal 1985 al 1990) desse alla grande ruota una visibilità mondiale, bollandolo come “la casa delle merendine”, fino al 1958 serviva per produrre elettricità. Al punto che Enel aveva fatto un pensiero a trasformarlo in un museo. E’ rimasta lettera morta. Poi la storia è andata avanti con pagine indelebili. Ora sarebbe sufficiente un po’ di inchiostro su un foglio bianco da troppo tempo.