Pensare che sono ricordi di infanzia, raccontati senza sprechi ed effetti speciali, con quella limpidità che volentieri attribuiamo ai cieli del grande Nord.
Pagine semplici, essenziali, pulite. Eppure quante questioni potrebbero porre.
Per esempio se è utile conoscere la vita di un poeta per comprenderne la poesia. Oppure, come ci suggerisce Fulvio Ferrari nella sua nota conclusiva in questa edizione di Iperborea, se non sia piuttosto utile la poesia per comprendere l’autobiografia di un poeta.
Nel caso di Tomas Transtromer – perdonate la dieresi che manca perché non la trovo sulla tastiera – forse è proprio così. E non solo perchè in Italia presumibilmente nessuno aveva mai sentito parlare di colui che è il più grande poeta svedese vivente, almeno fino al conferimento del Nobel per la letteratura.
E’ che in Tomas Transtromer c’è una corripondenza potente tra i versi e le esperienze della vita. Anche prima della vita da adulto che per anni ha diviso i suoi giorni tra il lavoro di psicologo e la scrittura.
La vita, soprattutto la vita di un poeta, può essere davvero una scia di luce. Come una cometa che solca il cielo. E di quella cometa la testa non può che essere l’infanzia e poi l’adolescenza.
Gli anni in cui le possibilità emergono e prendono forma, compresa la possibilità della poesia.
E come nel titolo – conciso e bellissimo: “I ricordi mi guardano” – sono gli anni che guardano il poeta e il suo cammino nella vita.
Che lo guardano e ne svelano il commovente mistero.