SAN QUIRICO D’ORCIA – Dal Cerretello si vedono le coste dei vigneti di Montalcino, basta attraversare l’Asso e subito sei sulla strada che porta da quelle parti. Magari se hai voglia di compagnia diversa dal solito, dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro in campagna, prendi la bicicletta e volti verso Torrenieri.
E’ quello che avrà pensato di fare il nostro personaggio per raggiungere i suoi amici, che, bravi artigiani, assemblavano biciclette con il marchio “Asso”. Si parla degli anni a cavallo della seconda guerra mondiale. Il Personaggio, con la maiuscola si chiama Primo Volpi. Primo di nome e di fatto. Primo di dieci fratelli (otto maschi e due femmine) che alla dura vita di mezzadro avrebbe scelto, non senza sacrifico, quello del corridore di bicicletta.
Nato nel cuore della Val d’Orcia, podere Le Liti, nel Comune di Castiglione d’Orcia, la famiglia si sarebbe presto trasferita nel podere Cerretello, dal quale il nostro Primo spiccò il volo verso quella che sarebbe stata “un’avventura” di lungo percorso, non meno impegnativo, nel mondo del ciclismo. Perché il Volpi, alternando il duro lavoro dei campi a quello iniziale di dilettante e poi nel 1939 di “indipendente” esordì ben presto nel mondo dei professionisti.
Facendo un passo indietro, come si racconta, corre l’obbligo ricordare che proprio a Torrenieri il suo amico Gino Mangiavacchi, che costruiva appunto le biciclette “Asso” gli costruì la sua prima bicicletta da corsa. Fu una scelta coraggiosa la sua per quei tempi, in contrasto iniziale con la famiglia, con il babbo in specie, anche perché da mezzadri se non avessero adempiuto in pieno alle esigenze della proprietà agricola, avrebbero rischiato di essere “sfrattati” dal podere. Ma, sempre per sentito dire, ma ci possiamo credere, il nostro Primo per non allontanarsi troppo dal podere per gli allenamenti ebbe l’idea di posizionare la ruota ad un rullo di legno, fatto da lui, di modo che, mentre di giorno svolgeva il suo doveroso lavoro di contadino, la sera o anche la notte poteva allenarsi nel fondo del podere pedalando in quello che sarebbe stato l’antesignano dell’odierno “rullo”.
Dopo un primo tesseramento con la Mens Sana Siena e successivamente alla Società Tempora di Bettolle, Primo Volpi, nel 1938, ormai con il consenso dei familiari ed anche la fiducia dei proprietari del podere, passò al professionismo insieme a Fausto Coppi, che correva nella squadra di Gino Bartali. La Legnano, con la quale Primo Volpi, nel suo primo giro d’Italia del 1940, si piazzò ventiduesimo e vinse la tappa di Arezzo. Purtroppo con lo scoppio della guerra l’attività professionistica del ciclismo ebbe un intervallo per riprendere nel 1946. Ma Volpi continuò a partecipare attivamente a tutte le competizioni che venivano organizzate e soprattutto continuò a frequentare Gino Bartali, stringendo l’amicizia a livello familiare. Tanto che durante il passaggio del fronte Gino Bartali, con la famiglia soggiornò da sfollato a S. Quirico d’Orcia, dove nel frattempo anche Primo Volpi, una volta sposato si era trasferito.
Frequentavano insieme il Bar di Arcangelo, quello che oggi ospita il Ristorante Osenna. Un luogo di ritrovo soprattutto per gli appassionati del gioco del biliardo, ospitato in una saletta apposita ben attrezzata con panche imbottite ai lati e pavimentazione in parquet. A Gino Bartali piaceva giocare a biliardo e con il mio babbo, che era un bravo giocatore di stecca che frequentava lo stesso locale in quel periodo, avevano stretto amicizia e vantava di averlo spesso vinto al gioco dei birilli. Ma Bartali era anche un gran fumatore, come tutti i giocatori di biliardo del tempo, e Volpi non mancava di richiamarlo con un bonario “A forza di fumare ti andrà via la voce”. Sarà stata questa la causa della voce rauca di Bartali? Ma torniamo a Primo Volpi e la sua lunga carriera.
Nel 1946, a guerra finita, riprende l’attività ciclistica professionale. Come dice lo stesso Volpi estratta da un’intervista pubblicata: “A causa della guerra avevo perduto i migliori anni. Ma con Gino ci si allenava insieme. Io partivo da Siena, lui da Firenze, ci si trovava a Poggibonsi, Barberino e si andava a fare tanti chilometri. Due panini in tasca e via a pedalare”. La cronaca orale, non documentata, ci dice che con Bartali, nel corso di questi allenamenti, abbiano raggiunto sia Roma (Città del Vaticano) che Assisi. Per la consegna di documenti riservati per salvare gli Ebrei perseguitati per cui Bartali è stato insignito da Israele “Giusto tra le Nazioni”.
Una lunga carriera iniziata in giovanissima età e conclusa nel 1957, all’età di 41 anni al giro di Toscana. Lungo sarebbe l’elenco della carriera professionistica di Primo Volpi. Ha gareggiato con campioni come Coppi e Bartali, Magni, Martini, Bevilacqua, Kubler, Bobet, Kobler, Robic, indossando le maglie della Legnano, della Cozzi (da Capitano), dell’Arbos, della Rhonson. Anche della Bartali ed altre straniere. Dodici volte al Giro d’Italia e due volte al Tour, nel 1947 e l’anno successivo, vinto per la seconda volta da Bartali che svolse, suo malgrado, la funzione di acquietare gli animi degli italiani, conseguenti all’attentato del segretario del partito comunista Palmiro Togliatti. Oltre che riconosciuto scalatore era anche buon passista. La sua salita preferita, il Ghisallo, dove al debutto come professionista staccò Coppi, anch’egli debuttante. Passista di tutto rispetto abbiamo detto se in occasione del trionfo al Giro d’Europa vinse la tappa a cronometro con la media di oltre 42 Km all’ora.
“Ambasciatore della pedivella” per avere appunto partecipato e vinto questo primo ed unico Giro d’Europa del 1954, corsa a tappe, purtroppo subito soppressa, che doveva essere di buon auspicio per un’Europa unita che ancora stenta a trovare la dimensione che i tempi imporrebbero. Più che ambasciatore questo piccolo, grande, coraggioso figlio della dura terra di Val d’ Orcia è, per chi l’ha conosciuto o almeno ne ha sentito o ne sente ancora parlare da quelle parti, “Una leggenda nata in Val d’ Orcia” (Ed. Donchisciotte) come titola giustamente una pubblicazione a lui dedicata nel 2007 voluta da un gruppo di appassionati di questa disciplina.
Primo Volpi un campione fra i campionissimi Gino Bartali e Fausto Coppi. Del rapporto con il primo ne abbiamo parlato riguardo anche ai rapporti di solidale amicizia ed avere condiviso con le famiglie i peggiori periodi della seconda guerra mondiale. Sul piano dei rapporti professionali diceva che, se Bartali era persona allegra e spensierata in privato, in corsa si scherzava poco. Del secondo, con il quale aveva debuttato da professionista, forse gli dispiacque non accogliere la proposta di passare con lui alla Bianchi, dopo l’impegno con Bartali. Ma ormai aveva deciso di andare per conto proprio. Il suo incipit, che racchiude tutto il senso del lungo percorso, è rappresentato dalla dichiarazione rilasciata nel corso di una intervista al termine della carriera: “Il ciclismo mi ha dato la possibilità di conoscere il mondo quando quasi nessuno poteva girarlo, la fortuna di correre insieme a gente come Bartali e Coppi”.
Volpi è stato un ciclista di altri tempi, ma che si è costruito una carriera ed un valore nel campo con la forza dei muscoli maturati nel solco dell’aratro trainato dalla mansueta coppia di buoi e dalla volontà ferrea di imporsi contro tutto e contro tutti. Senza, come si dice ancora da queste parti, Santi in Paradiso. Primo di nome e Primo di fatto.
Ci piace pensare che, al termine della tappa di questa 104/a edizione del Giro d’Italia, la Brunello di Montalcino Wine Stage, che raggiunge Montalcino attraverso “sterrati” dei quali il Volpi se ne intendeva davvero, Primo sia ancora insieme a noi e a tutti quelli che appassionatamente seguono la corsa più bella del mondo: il Giro d’Italia. Anche lui presente al traguardo e che dall’alto dei bastioni della fortezza di Montalcino guardi a quella Val d’Orcia, che gli ha dato i natali e alla sua Cerretello dalla quale è partito un giorno per la sua “splendida corsa” e che gli sia stato riservato un angolino, anche se da gregario, accanto a Gino Bartali nell’universo dei “Giusti”.