«Ora Siena è a un bivio, deve decidersi: Il Santa Maria della Scala sarà una “piazza” della cultura o sarà un supermercato?». A chiederselo dalle pagine de Il fatto quotidiano è l’intellettuale e storico dell’arteTomaso Montanari che in un articolo apparso domenica 2 febbraio paventa la possibilità di un futuro molto alternativo per il vecchio spedale di Siena, prima luogo di cura, poi polo museale e che ora potrebbe diventare un supermercato. Non uno qualsiasi ma il secondo punto vendita di Eataly in Toscana (scarica).
La visita “sospetta” di Farinetti L’ipotesi nasce dalla recente visita a Siena del patron di Eataly Oscar Farinetti (leggi). L’imprenditore piemontese ha avuto modo di apprezzare l’agroalimentare locale e questo a più di una persona ha fatto pensare che Farinetti stesse puntando proprio sul Santa Maria della Scala come sede senese di un nuovo punto vendita per il suo marchio. «Se davvero Eataly riuscisse ad aprire dentro uno dei più importanti spazi storici italiani – si legge nell’articolo di Montanari – si tratterebbe di un’importante svolta simbolica nel processo di mercificazione di quello che la Costituzione chiama “il patrimonio storico e artistico della nazione”». «Ma se il progetto del sindaco di Siena andasse in porto – scrive ancora Montanari – Eataly non avrebbe più bisogno di mascherare un supermercato dietro un museo inesistente: sarebbe il museo a trasformarsi in supermercato. E possiamo solo immaginare cosa ne verrebbe fuori: una specie di Mall del Gotico, una Gardaland di Duccio, una Las Vegas di Simone Martini».
La secca smentita di Siena La risposta di Siena non si è fatta attendere. Attraverso una nota il sindaco Bruno Valentini e il direttore di candidatura di Siena Capitale della Cultura 2019 Pier Luigi Sacco hanno seccamente smentito l’ipotesi dell’apertura di Eataly a Siena e soprattutto al Santa Maria della Scala. «Montanari paventa l’eventualità di una trasformazione di Siena in una sorta di parco tematico del Medioevo, una specie di Disneyland a sfondo storico – si legge -, che è il contrario di ciò che vogliamo e di ciò che abbiamo proposto nel dossier di candidatura. Non abbiamo mai dichiarato che il complesso monumentale del Santa Maria della Scala debba diventare un supermercato alimentare. Né abbiamo mai pensato di degradare a logiche meramente commerciali la grande ambizione di rendere il Santa Maria un insieme coerente di funzioni museali, espositive, di documentazione e di ricerca, di produzione culturale, di accoglienza e di promozione della cultura materiale delle Terre di Siena» (scarica).
Quale futuro per il Santa Maria della Scala? Nei progetti dell’attuale amministrazione comunale gli obiettivi per i duecentomila metri cubi del Santa Maria della Scala son ben altri e costituiscono i pilastri della candidatura senese: «Il progetto del Santa Maria della Scala – dichiarano Valentini e Sacco – prevede in primo luogo la creazione di uno spazio museale dedicato alla Civiltà figurativa senese: a partire dal trasferimento della collezione della Pinacoteca. Tutto questo sarà accompagnato da un parallelo e innovativo progetto digitale, SENAE virGO, che raccoglierà l’intero corpus del gotico senese disperso nei musei di tutto il mondo. Il Santa Maria della Scala diventerà anche un complesso culturale polifunzionale, che prevederà non soltanto spazi espositivi ma anche spazi per la produzione culturale e creativa e per la partecipazione culturale attiva. Recupereremo in questo modo la doppia funzione storica di museo-ospedale, nella prospettiva innovativa del welfare culturale».
Fatti, pregiudizi e faziosità Voci contro con un unico obiettivo: dare un nuovo futuro a un immobile prezioso e antico che i senesi amano e per cui, a malincuore, non vedono un percorso definito di sviluppo. Se da una parte Montanari vede il «dare un senso ai duecentomila metri cubi dell’ospizio che nel Medioevo accoglieva i pellegrini che percorrevano la Francigena e che oggi occupa l’”acropoli” senese» come «una delle sfide del governo di una Siena orfana del Monte dei Paschi», dall’altra le istituzioni senesi difendono a spada tratta le scelte intraprese e su cui stanno convogliando tutti gli sforzi, anche economici: «Il progetto di Siena 2019 vuole essere un laboratorio fortemente innovativo per le politiche culturali dei prossimi anni – concludono Valentini e Sacco -. Crediamo sia venuto il momento di mettere da parte i pregiudizi e la faziosità e di lasciar parlare i fatti. La città si sta impegnando a fondo nel costruire il progetto per il 2019, ed è su quello, e non su infondate e tendenziose voci di corridoio, che sarà utile esprimere delle opinioni».
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