La parola ‘fine’ non è ancora comparsa, ma i titoli di coda stanno già scorrendo. L’operazione di salvataggio di Mps pare destinata al fallimento. Se i risparmiatori sono corsi in aiuto alla banca, permettendo alla conversione dei bond subordinati di raggiungere risultati di tutto rispetto, quelli che si sono tirati indietro sono stati i grandi investitori, che hanno disertato l’aumento di capitale. Rocca Salimbeni è sempre stata netta: il flop di un solo passaggio determina quello dell’intera operazione. Salvo colpi di scena, quindi, l’intervento dello Stato diventa inevitabile. Il decreto potrebbe arrivare già domani sera. La risposta definitiva la darà il cda di Mps convocato per domani.
Il Qatar si sfila Il tassello più debole è stato quello dell’aumento di capitale. Per la chiusura dei termini manca ancora una manciata di ore, ma i dati arrivati finora sono indicativi. Il fondo sovrano del Qatar, che si era dimostrato disposto a investire un miliardo, al momento non ha manifestato disponibilità a partecipare al salvataggio. Finora. ha scritto la banca in un comunicato, «non si sono concretizzate manifestazioni di interesse da parte di anchor investor». Dal suo intervento dipende l’adesione di altri investitori istituzionali, che avevano posto come condizioni una massiccia adesione delle conversioni e la presenza di un anchor investor di peso. Senza gli Emirati, un intervento pubblico potrebbe portare lo Stato, già socio al 4%, ad essere il primo azionista di Mps. I risparmiatori hanno fatto la loro parte, rispondendo all’appello di Mps e rivolgendosi alle filiali per convertire i bond subordinati in azioni. In tutto si tratta di 40 mila persone con in mano titoli per oltre 2 miliardi.
Dalle 2 conversioni 1,9mld Dalle due tranche di conversione, destinate la prima agli istituzionali e la seconda ai risparmiatori, sono arrivati 1,9 miliardi, non proprio quanto auspicava l’istituto senese, ma comunque una somma di tutto rispetto, visto il clima di incertezza in cui è stata lanciata l’operazione. A quelli si sommano i 510 milioni di euro, per un corrispettivo aggregato di 118 milioni, delle obbligazioni Fresh. In tutto, quindi, fra i 2 e i 2,5 mld, a fronte dei 5 necessari. Per quei 40 mila risparmiatori e per gli azionisti si apre un periodo carico di rischi. In base alle norme europee, l’intervento dello Stato potrebbe comportare un loro coinvolgimento nel salvataggio della banca e, quindi, una perdita del valore dei loro investimenti. Il Parlamento ha però approvato la risoluzione che consente al Governo di stanziare 20 miliardi per le banche in crisi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha assicurato che gli impatti sui risparmiatori saranno «minimizzati o resi inesistenti». In questi giorni ci sono stati a che frequenti contatti fra Roma e Siena, con viaggi nella capitale dell’ad di Mps, Marco Morelli, e del presidente Alessandro Falciai. Ma tutto dipenderà da confronto con l’Ue. Una delle ipotesi, che potrebbe svolgersi in più fasi, è quella di dare azioni in cambio del valore perso nel caso di conversione forzosa dei bond subordinati. Si tratterebbe di un ristoro più generoso rispetto a quello dei risparmiatori di Etruria, Marche, CariFerrara, e CariChieti. Di certo c’è che un intervento deciso del Governo implicherebbe una rinegoziazione di ogni aspetto della cessione dei 27,7 miliardi di sofferenze, elemento cardine dell’operazione. Il Fondo Atlante II, comunque, si è già detto «disponibile» anche «qualora ci fosse un intervento» pubblico. Per Mps quella di ieri è stata una giornata di tribolazioni in Borsa. Il titolo ha chiuso in perdita del 12,08% a 16,3 euro dopo aver toccato un nuovo minimo storico a 15 euro.