Un dolore, un’oppressione improvvisa sul petto durante uno sforzo, una salita, un’emozione intensa: è l’angina pectoris che colpisce, sempre più frequente anche nella donna oltre che nel paziente “tipico”, uomo con oltre 50 anni di età, fumatore, sedentario, stressato, con fattori di rischio noti come il diabete, il colesterolo elevato, la pressione alta. La causa dell’angina può essere individuata in una placca alterosclerotica che ostruisce una coronaria e la soluzione spesso proposta al paziente consiste nell’inserire uno “stent”, eseguire un intervento chirurgico per installare un by-pass, oltre a un’adeguata cura con i farmaci. La definizione di percorsi di cura innovativi, aggiornati e standardizzati, in grado di sfruttare e di valorizzare le competenze mediche toscane di eccellenza, è uno degli obiettivi dell’incontro “Tra cardiopatia ischemica e malattia coronarica. 2015: Ihs vs. Cad”, promosso dalla Fondazione Toscana Gabriele Monasterio Cnr – Regione Toscana, Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Centro per la medicina e la cardiologia traslazionale (Cmct), in programma sabato 31 ottobre (aula magna, registrazione dei partecipanti dalle ore 8.30) proprio alla Sant’Anna.
L’appuntamento L’incontro vuole mettere a confronto le professionalità coinvolte nel trattamento di queste patologie cardiache presenti in particolare nell’area nord ovest della Toscana, con particolare riferimento alla “Medicina di iniziativa” e a tutte le “Cardiologie” delle aree di Massa, Versilia, Lucca, Pontedera, Cecina, Livorno, Piombino, l’Azienda ospedaliera universitaria pisana, la Fondazione Monasterio. «La diagnosi e il trattamento della cardiopatia ischemica nel 2015 richiedono l’impiego degli strumenti più moderni – spiega Michele Emdin, docente di malattie dell’apparato cardiovascolare all’Istituto di Scienze della Vita della Sant’Anna e uno dei promotori dell’incontro di sabato 31 ottobre – come l’angioTC coronarica, accanto a quelli convenzionali, una rivalutazione del costo-beneficio, di approcci non invasivi e di carattere interventistico, in funzione dell’appropriatezza delle cure e del raggiungimento di una ‘best practice’, cioè di una pratica ottimale, che tenga conto di criteri di qualità del processo e di economia,avendo sempre come primo riferimento il paziente».