Lunedì 23 novembre il pianista americano Keith Jarrett sarà in concerto all’Opera di Firenze (ore 21) per un appuntamento che lo vede ancora in versione piano solo, pronto ad attingere al suo infinito repertorio. Keith Jarrett ha festeggiato lo scorso maggio le prime settanta primavere, ricorrenza che la sua etichetta, la storica ECM, ha celebrato con la pubblicazione di due album, uno di classica, “Barber/Bartók/Jarrett”, ed uno jazz, “Creation”, contenente brani live dai concerti del 2014, selezionati dallo stesso artista attraverso un meticoloso lavoro in studio.
Una carrieta costellata di successi In mezzo secolo di carriera, Keith Jarrett si è imposto tra i musicisti più creativi ed eclettici, spaziando tra generi, epoche e progetti diversi: un maestro dell’improvvisazione ma anche un profondo conoscitore e interprete di musica classica. E ancora, Keith Jarrett compositore, con centinaia di partiture per gruppi jazz, orchestra, solisti e musica da camera. Dal suo corposo curriculum impossibile non ricordare gli esordi con Art Blakey – da cui attinse quell’inclinazione al gospel e al blues che tutt’oggi traspare – e Charles Lloyd, il lungo sodalizio con Jack DeJohnette e Gary Peacock, le esperienze con Charlie Haden e Paul Motian, l’approdo alla corte di Miles Davis, con il quale esordì all’organo. E poi, il Quartetto Americano e quello Europeo, il Trio Standards, l’infatuazione per la classica e la conseguente, ricca, produzione discografica degli ’80 dedicata a Bach, Mozart e Haendel. Il suo approccio è creativo e rigoroso al contempo, anche quando si cimenta con altri strumenti. Ma è dal vivo, al piano, che Jarrett offre il meglio di sé. Il disco per eccellenza, non a caso, è un live, “The Koln concert”, anno 1975.