Non sarà ammessa l’apertura di nuove cave, mentre la riattivazione di quelle dismesse da non oltre venti anni e l’ampliamento di quelle esistenti sarà consentita a precise condizioni. A deciderlo l’integrazione al Piano di indirizzo territoriale riguardo l’attività estrattiva nell’area di protezione esterna del Parco delle Alpi Apuane. Il piano e’ stato licenziato ieri dalla commissione regionale ‘territorio ed ambiente’ . Una stesura diversa da quella originale concordata con il ministero dei Beni culturali nel dicembre scorso e che prevedeva regole molto più rigide per le attività estrattive, in particolare nelle Alpi Apuane e che secondo gli industriali avrebbero portato alla chiusura di circa un terzo delle miniere. Vincoli che poi l’assessore Marson aveva dovuto ammorbidire per far fronte alle polemiche di sindacati e aziende che temevano ripercussioni sull’occupazione e l’economia locale.
Colpo di scena sul piano approvato L’assessore Anna Marson sulle concessioni alle cave delle Alpi Apuane non ci sta. «Stiamo lavorando adesso per capire se e’ possibile condividere con il ministero dei Beni e delle Attivita’ Culturali le modifiche apportate per la loro validazioni». Cosi’, poco dopo il ‘si” della commissione Ambiente al piano paesaggistico, integrazione del Pit, l’assessore all’Urbanistica ha firmato il suo rammarico. Una mossa a sorpresa dopo che per tutta la giornata il centrodestra aveva esultato e il Pd pareva incassare di buon grado l’unanimità sul provvedimento. «Sono soddisfatta per il fatto che la commissione ha votato il documento all’unanimità. Nell’insieme il piano costituisce una significativa innovazione anche culturale nel trattare il paesaggio. Anche se- precisa l’assessore- non condivido tutti gli emendamenti apportati: a partire da quelli in generale sulle attività estrattive a quelli, in particolare, sulle cave delle Apuane. Nell’insieme il piano costituisce una significativa innovazione anche culturale nel trattare il paesaggio. Per quanto riguarda le cave- ha ricordato l’assessore- abbiamo lavorato negli ultimi mesi con particolare impegno per trovare una mediazione alta che nel tutelare l’ambiente consentisse non solo di salvaguardare i posti di lavoro in essere, ma anche di promuoverne di nuovi. Purtroppo su questo tema – ieri data sull’orlo delle dimissioni da alcuni giornali – devo riscontrare l’indebolimento dell’impianto complessivo ad opera di alcuni emendamenti votati in commissione».
Le prescrizioni Dalla mediazione una serie di vincoli e condizioni per la riattivazione e l’ampliamento delle cave. Non devono determinare un incremento dei piazzali in quota se non per opere strettamente funzionali all’apertura di nuovi ingressi in galleria; non non devono aver bisogno di opere infrastrutturali, che causino modifiche irreversibili ai luoghi. I Comuni, nell’ambito del procedimento di autorizzazione, dovranno accertare che le attività estrattive non interessino aree integre, né rinaturalizzate e non tocchino sentieri, percorsi e punti panoramici individuati nella pianificazione territoriale. L’attività estrattiva sarà finalizzata a materiali lapidei ornamentali e potrà riguardare materiali per uso industriale solo se derivanti dalla produzione di materiali ornamentali.
Pro e contro La vicenda delle cave della zona in cui si riforniva anche Michelangelo era tornata in scena alcuni mesi fa con l’allarme lanciato dalle imprese del settore lapideo proprio per gli orientamenti emersi dalla Regione circa la limitazione dell’attivita’ estrattiva: proteste, incontri e anche una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e al premier, Matteo Renzi, per cercare di evitare la chiusura delle cave all’interno del parco delle Apuane. A favore di un Piano rispettoso dell’ambiente si erano pronunciati diversi intellettuali, da Eros Tetti, presidente del Comitato “Salviamo le Apuane” ad Alberto Asor Rosa, dal presidente della Rete dei comitati per la difesa del territorio Mauro Chessa allo storico dell’arte Tomaso Montanari e il docente Paolo Baldeschi.