Oggi mi sento molto Carrie Bradshaw, la bionda fashionista di Sex & the City. Non per il look o il fisico, per carità, sono conscia che le distanze che ci separano sono siderali, e nemmeno per l’invidiabile collezione di scarpe, anche qui il divario è incolmabile, ma per il modo con cui nella fiction si interroga all’inizio degli articoli che pubblica sulla sua rubrica. Avete presente quelle domande che mettono in moto tutta la puntata? Ecco, una cosa così. Un dubbio che una volta espresso innesca un susseguirsi di eventi-pensiero inarrestabile. Questo è il mio dubbio: esiste un cibo che dà conforto? Non sto parlando di rapporti complicatissimi con l’atto di nutrirsi che sfociano in patologie purtroppo note come anoressia, bulimia, obesità, ma di situazioni molto più semplici e comuni. Come una mattinata storta che viene raddrizzata da un cappuccino fatto alla perfezione o un piccolo momento di malinconia che se ne va con una cucchiaiata di Nutella. E questo cibo del conforto è uguale per tutti, cioè scegliamo tutti lo stesso tipo di cibo per gratificare il nostro mondo temporaneamente disarmonico o ne prediligiamo tanti diversi?
Il cibo del conforto esiste, ed è molto più reale di quello dell’amore o dell’ eros di cui si favoleggia tanto e si sa abbastanza poco. E ognuno ha il suo. Per ottenere il perdono (Manzoni docet!) c’è il pane, per rappresentare la pace c’è sempre il pane e per togliere la fame c’è di nuovo il pane, per dare sollievo a un malessere dell’anima, o del cuore, non esiste un cibo uguale per tutti. Ma tanti cibi per tanti bisogni di conforto. L’amore della tua vita ti ha lasciato? Una pizza con un’amica/o funziona meglio di un lungo pianto per rimettere la situazione in prospettiva. Il collega mellifluo ha preso un’altra gratifica immeritata? Una spadellata di crostacei con spumante ghiacciato può regalare l’oblio di ingiustizie anche più consistenti. In cima alla classifica immagino ci sia il cioccolato. Fondente, al latte o bianco è comunque assai richiesto ed è inutile ricordare il valore anti-depressivo della teobromina, è ormai un dato acquisito. Mi limiterò a osservare che, secondo la mia personale esperienza, il cioccolato funziona al meglio contro malinconia e affini se consumato “in purezza”, cioè sgranocchiando beatamente una (o più) tavolette, senza trasformarlo in creme, farce o biscotti. Se ne ho disponibile, lo accompagno con la frutta: banane, albicocche secche e fragole sono gli abbinamenti che prediligo e hanno lenito più di un cruccio. Il cioccolato, però, non è il mio cibo del conforto preferito. Nella mia classifica rientra nei primi cinque o sei, ma non arriva al podio. Lo distanziano cappuccino, pizza, brodo di pesce, tramezzini e quello che a oggi è il mio cibo del conforto preferito. No, la Nutella a cucchiaiate in stile Nanni Moretti in “Bianca” non fa per me: non mi piacciono le nocciole. Quando ho le paturnie per un qualsiasi disagio, cruccio, malinconia il mio sistema per attutire il colpo è un piatto di noodles con gamberetti e verdure saltate alla soia. Sì, certo, con un pezzo di pizza dal microonde al piatto si fa prima, e se litigo con mia mamma per telefono un cappuccino al bar sotto l’ufficio è sufficiente, ma sto parlando del numero uno, quello che quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Mica succede così spesso di aver bisogno del numero uno…
Non so nemmeno perché i noodles con gamberetti e verdure alla soia abbiano su di me questo effetto da esercito della salvezza. Magari c’entra un po’ anche il fatto che Noodles è il soprannome del personaggio interpretato da Robert De Niro in “C’era una volta in America”, uno dei miei preferiti in assoluto. O magari sarà perché personificano il mio concetto ideale di cucina, cioè una fusion non troppo spinta, o ancora sarà perché il risultato finale è sempre un piatto colorato a tinte pastello con qualche tono più acceso (le carote sono cromaticamente perfette!) o forse perché la prima volta che li ho mangiati ero davvero in basso nella scala dell’umore e li ho scelti dal menù perché mi davano un’idea di allegria. Ma la sostanza non cambia. Carboidrati, verdure, crostacei, soia e olio funzionano alla grande come scacciapensieri.
LA RICETTA Di questi “spaghetti” orientali diffusi quanto i nostri (e forse anche di più) in tutto il mondo esistono numerose varianti, quelli che uso di solito sono senza uovo e a base di grano saraceno, nella forma più simili alle linguine che non proprio agli spaghetti. Si trovano in tutti i mercati ben forniti nel settore paste alimentari o nei negozi di prodotti asiatici. Per prepararli, seguite le istruzioni e scolateli sempre al dente così da completare la cottura dentro lo wok o una grande padella, dove in precedenza avrete scottato con olio e salsa di soia le verdure tagliate filangé insieme con i gamberetti. Per evitare che appallino durante la cottura, aggiungete all’acqua una cucchiaiata di olio d’oliva e tenete la mano leggera col sale: la salsa di soia è salata! Io di solito uso zucchine, carote, le pannocchie di granturco mini, qualche scorretta di limone per guarnire e coriandolo fresco, ma il limite di quali verdure ed erbe utilizzare è solo il gusto personale. O la fantasia.