Ci sono poche cose al mondo così terribilmente malinconiche come un campionato che finisce.
Una cosa agrodolce, difficile a dirsi. Estraniante, come il primo giorno di scuola: e struggente, come i fuochi artificiali che chiudono le feste del Santo Patrono.
Una volta c’era l’invasione di campo, incontenibile, con i tifosi a sventolare i bandieroni sul prato. La Juve, ieri sera, è stata più sobria: la corsa sotto la curva, gli abbracci, i ringraziamenti al pubblico dello Stadium: tutto sotto l’occhio vigile di Sky Sport, ovviamente.
Ma dietro a quella felicità per il traguardo raggiunto, cala subito un velo di tristezza: un altro anno è andato.
Quando ero piccolo, mi prendeva lo sgomento: “E adesso?” , pensavo.
Niente più domenica sportiva-novantesimo-tuttoilcalcio eccetera. Era come entrare in un’altra dimensione. E confesso che mi fa ancora questo effetto…
Mi ero convinto che gente come Maurizio Barendson, per esempio (o Alfredo Pigna) in estate se ne andassero in una specie di letargo all’incontrario. Che li ibernassero come Capitan America per poi tirarli fuori, belli e lucidi per l’autunno successivo.
Perché anche il Mondiale, che è un evento magico e planetario, sfugge alla logica dell’appassionato. Il Mondiale è calcio in libera uscita. E’ lo strappo alla regola. E’ il viaggio ad Amsterdam che ti concedi ogni quattro anni dopo le tante domeniche con il Cral Ferrovieri al santuario di Loreto o alle Grotte di Frasassi.
I festeggiamenti per lo scudetto, in genere, sono quasi sempre scene di stadi assolati, gente in maglietta o a torso nudo. Caldo estivo e tuffi nella fontana, con il matto che si sporge dal tettuccio aperto della Cinquecento… e ti viene in mente quella volta a Udine, che vincesti mentre nevicava…. Quella domenica a Bologna, che era meno otto, ed eravate zero a zero fino all’ottantesimo… e il posticipo a Cagliari, che pioveva come Dio la mandava, e facesti gol a tempo scaduto…
Il campionato è finito: ci hai passato insieme trentotto domeniche (trentotto week-end, a dire il vero). E quei festeggiamenti sono in realtà il canto del cigno di un’annata: hai gioito, imprecato, sussultato e puff, adesso ti sembra improvvisamente un ricordo lontano. Da consegnare alle statistiche dell’Almanacco Panini, in attesa che ne cominci un altro.
«Cosa fa un ammalato di calcio durante l’estate?», chiedono al protagonista di Febbre a 90. E lui, serafico: «Beh, passeggia su e giù per il parco in attesa che escano i calendari….».
Ed è una delle frasi più belle e commoventi della cinematografia mondiale: il nostro “Suonala ancora Sam” di Bogartiana memoria.
Dimenticavo…. Complimenti alla Juventus.