materaNon mi piace il day after della sconfitta di Siena per la capitale europea della cultura. Da una parte le certezze di navigati esperti di cose culturali, delle quali certamente si sono occupati tutta la vita, che ora si scagliano contro il dossier di candidatura senese, per poi invece buttarla in politica. Dall’altra i fiumi di parole di chi osanna Sacco e il suo progetto, che attribuisce a Matera una vittoria all’odor di petrolio-Tamoil e insinua che ci siano stati mezzucci e lobby nascoste dietro il successo nella corsa a capitale europea della cultura.

Certo il tema delle trivellazioni in Basilicata e’ sullo sfondo, e restare sul tema del petrolio, magari si, ma quanto agli intrallazzi, ricordiamoci sempre che Siena non può proprio dare lezioncine a nessuno, perché è affondata nell’intrallazzo politico-finanziario così esasperato da distruggere le risorse della città. Nè possiamo dimenticare che ci sono decine e decine di persone sotto inchiesta per reati attinenti ai centri di potere della città, compresa la Mens Sana. Ed è quella l’inchiesta che sta producendo sviluppi, i cui effetti saranno da verificare al momento dei processi.

Ma torniamo alla capitale europea della cultura e al confronto tra i dossier di Matera e quello di Siena, per cercare un approccio oggettivo alla sconfitta, ed esprimere ovviamente un’opinione personale, tra l’altro piena di dubbi su più fronti. Dal punto di vista della trama narrativa, il dossier di Matera è migliore. Il racconto che si snoda e’ più articolato, più avvincente. La descrizione della giornata senese che avvia il dossier di Siena non fa percepire nulla di una crisi profonda, ma proietta solo sogni di innovazione. Matera, invece, mette giù subito, a pagina 4, la carta vincente: «La candidatura può rappresentare un’opportunità unica per superare lo scetticismo e il senso di inferiorità secolari che hanno rallentato lo sviluppo del Sud Italia». Cioè, si ricorda anche all’Europa la necessità di un riequilibrio rispetto al meridione bistrattato e dimenticato. È questo il vero asso nella manica di Matera, che poi, con coerenza narrativa, passa dalla motivazione geopolitica generale, alla metafora simbolica locale: lo snodo fondamentale della sua contemporaneità, quando 50 anni fa, furono soprattutto i giovani a tornare ad abitare i Sassi, abbandonati, non considerandoli più rovine. Adesso Matera chiede aiuto all’Europa per abitare nel futuro, non più solo nel passato.

Per il resto, nel merito, il dossier di Matera fa acqua. Quando si entra nello specifico tecnico della progettazione, nel contenuto effettivo della proposta, ci troviamo di fronte ad una costruzione che si basa su due architravi non proprio straordinarie. Si legge a pagina 9 del dossier: «Il progetto poggia su due progetti chiave: l’Istituto Demo-Etno-Antropologico (I-Dea) e l’Open Design School». Il primo punta a mettere in rete gli archivi lucani, il secondo è una scuola di design che parte dall’esperienza del mobile imbottito. Chi voglia approfondire di più trova a pagina 57 la descrizione delle attività di questa scuola di design. C’è altro, ovviamente, nel dossier lucano, ma se la proposta di Matera erge a progetti simbolo queste due cose, un po’ di debolezza tecnico-scientifica nella proposta complessiva c’è.

Ecco, su questo piano meramente progettuale e tecnico, il dossier di Siena è migliore, più incentrato su una reale innovazione di sistema, più determinato nell’agganciare ad ogni progetto, non solo il relativo costo, ma anche la fattibilità. Insomma, la progettazione culturale che esprime, ai fini di creare posti di lavoro nel quadro di un’economia locale completamente rinnovata, è a mio parere più convincente e credibile. Fa comprendere meglio, il dossier senese, le 550 relazioni di partnerariato realizzate, la rete degli scambi di partnership in tutta Europa, le risorse disponibili.

Ecco, ora metabolizzata la sconfitta, è necessario passare al piano B: ci vuole una selezione dei progetti per realizzarli con le risorse promesse dalla Regione. Perché dopo che il dossier di Matera è stato preferito a quello di Siena, la vera sconfitta politica di Siena sarebbe non riuscire a creare posti di lavoro e non avere i soldi della Regione. Sarà la Fondazione Santa Maria della Scala a operare? L’importante è fare, e magari sfidare Matera su questo: quanti posti di lavoro saranno creati, in virtù dei progetti presentati, di qui al 2019. Questa sarà la vera sfida, da affrontare però con piena rottura con il passato.  E su questo fronte il dossier senese presenta un elemento di debolezza, forse dovuto alla traduzione dall’inglese. Si legge, timidamente, a pagina 91 del dossier senese: «il problema principale di Siena: uno scandalo finanziario ha provocato la crisi del Monte dei Paschi, lasciando la città orfana». Ha provocato? Cioè il Mps sarebbe in un certo senso vittima di uno scandalo finanziario? In realtà e’ ormai verità storica che è l’intrecciot ra Mps e politica (Pd in primo luogo, e poi i
trasversalismi alla Verdini) ad aver determinato la profonda crisi e lo scempio di Siena. Più avanti Il dossier a pagina 100, fa invece piena trasparenza, elencando i punti di forza e debolezza, rappresentando tutte le criticità, rispetto alla fattibilità dei progetti, a cominciare dal tema di fondo, sintetizzato con piena efficacia: «La grave crisi ha distrutto la fiducia della comunità senese verso la politica». Ecco, per tentare di ricostruirla questa fiducia – e sarà molto ma molto difficile, se continueranno a sussistere arroccamenti di bandiera e egoismi personalistici – ora non resta che creare posti di lavoro dai progetti per la capitale europea della cultura. Tanti e rapidamente. Per non perdere ancora e in attesa della verità piena e totale sullo scempio del passato.