fondazione mps.jpgÈ un autunno ribollente di fermenti, questo senese. Ci sono evoluzioni significative sul fronte dello sfascio pregresso della Fondazione Mps, su tre direttrici: le richieste di risarcimenti già annunciate; le denunce finalizzate a possibili percorsi – molto perigliosi – per ulteriori cause a fini risarcitori, e le dinamiche in cui si decise l’ultimo aumento di capitale della banca  – quello capestro – del 2011.

Nel “ribollir dei tini” senesi, ci sono poi i rumors in Fruendo, con il personale esternalizato dal Monte in agitazione. E in più ci sono, in generale,  i movimenti di truppe che – parecchio per tempo – cercano posizionamenti e strategie in vista della kermesse elettorale fra tre anni.

Un fermento che ricorda quello del mosto nelle cantine. Ma rispetto ai tempi dei nostri nonni – “a San Martino (che per i non campagnoli sarebbe l’11 novembre) ogni mosto diventa vino” – ci sarà da attendere molto di più per capire progetti, alleanze, strategie, per il rilancio della città. Però, tante iniziative in giro. E non è male per niente, comunque la si pensi. Vuol dire che non tutto è offuscato e soffocato e che rimane una vigilanza civile che non guasta.

valentini de martinoPurché il “ribollir nei tini” non si risolva nelle sfide faisbucchiane tra tifosi del partito “Siena già ripartita” e gli avversari della “Siena sprofondata non si ririzza”. Anche di domenica mattina, il sindaco Bruno Valentini, già prima delle 8 si è dovuto spendere nella difesa delle tesi del partito dei “ripartisti”. Deve essere davvero estenuante questa continua, costante e capillare azione di rintuzzamento sui social da parte del primo cittadino. Quanto produttiva e non invece foriera di un effetto boomerang – il troppo rischia di stroppiare… – lo  scopriremo solo vivendo.

Sul fronte opposto ai “ripartisti”, tra i “contras”, si segnala l’ulteriore puntualizzazione di Eugenio Neri, all’indomani dell’insediamento di Danilo Mariani nuovo coordinatore di Forza Italia. Ribadisce Neri: “In futuro io parteciperò solamente a progetti CIVICI e non partitici, il cui scopo sia la ricostruzione di Siena e della sua comunità”.

In attesa della mossa “associazionistica” da parte del leader renziano Stefano Scaramelli, nei dintorni dello schieramento di maggioranza, si notano movimenti evidenti di quelle avanguardie elitarie illuminate, che in virtù dei loro ruoli istituzionali altolocati, già hanno cominciato a diffondere il loro verbo, in incontri di spessore. Pronti a schernirsi rispetto a trame e giochi di fiancheggiamento politico, ma comunque già lì, nel pianerottolo dello scenario politico in vista delle elezioni del 2018.

Uno di questi incontri è stato organizzato da Siena Cambia, a cui non può essere negata capacità di proposta e di progettualità, ben superiore – per esempio – a quella degli alleati (?) del Pd. Il coordinatore Francesco Fasano, con la lucidità che gli va riconosciuta,  ha spiegato le motivazioni e le finalità del progetto “Siena attrattiva”, che punta a far meno chiacchiere e più sfida delle idee.

All’incontro c’erano, con il vicesindaco Fulvio Mancuso, il Rettore dell’Università Siena Angelo Riccaboni – già costretto a rispondere negativamente ai giornalistiche che gli chiedono se si candiderà a sindaco, visto che tra poco dovrà lasciare il Rettorato -,  il DG di Toscana Life Sciences Andrea Paolini, Stefano Sensi esperto in Operation Management, e  il nuovo DG della Fondazione MPS Davide Usai. Quest’ultimo – si legge nel sito di Siena Cambia  – «ha scelto SienAttrattiva per una delle sue prime uscite in pubblico dopo la nomina. Tra i temi toccati quello che la Fondazione può tornare a fare per le imprese». Ecco, la presenza anche del Direttore Generale della Fondazione Mps, Usai, a parere dello scrivente, poteva essere evitata. A un’iniziativa di una forza politica, introdotta dal capogruppo in Consiglio Comunale, la presenza di un esponente del vertice della Fondazione Mps, che ha rifiutato il confronto in Consiglio Comunale, era – secondo lo scrivente – forse poco consona.

Ma sul fronte della Fondazione Mps, emergono anche novità interessanti: le erogazioni nuovo corso – Chigiana, Toscana Life Sciences – senza più le antiche piogge volte solo a puntellare il sistema Siena attraverso metodi; i bandi di progettazione. Segnali positivi verso il futuro che vanno sottolineati, mentre sul fronte del passato anche l’azione risarcitoria da 300 milioni è stata meglio articolata dal presidente Clarich.

C’è una nuova pista, sul versante delle iniziative di risarcimento, di cui ha parlato l’avvocato Paolo Emilio Falaschi all’iniziativa del Psi al Garden, con Vittorio Mazzoni Della Stella. Falaschi, presente al processo di Milano sul derivato Alexandria, come legale di parte civile, lavora da tempo per dimostrare che nel disastro del Monte, va analizzato a fondo il ruolo di Bankitalia e Consob: «Presenterò atti precisi a breve su questo punto – ha detto Falaschi – che la Fondazione Mps dovrebbe studiare a fondo per essere protagonista della ricerca di nuovi eventuali risarcimenti ben più consisenti, in virtù degli aumenti di capitale a cui si è sottoposta e al conseguente depauperamento del patrimonio. E la prescrizione, per la manipolazione del mercato, scatta dopo 12 anni». Mazzoni, che ha precisato di non essere iscritto ad alcun partito e di ritenere che solo una aggregamento civio potrà dirdare slancio alla città, ha sottolineato di ritenere molto difficile questa ipotesi risarcitoria.

mussari-vigniùIl più pesante degli aumenti di capitale, nei suoi effetti devastanti sul patrimonio della Fondazione, è quello di  circa 2 miliardi del 2011. Attraverso l’analisi dei documenti di Bankitalia, è possibile risalire a primi contatti tra Bankitalia stessa e Mussari e Vigni, con la richiesta di procedere all’aumento di capitale, da parte dell’organo di controllo, fin dal novembre 2009. Dopo un’ispezione nel maggio 2010, in ulteriori interlocuzioni si assestarono cifre e obiettivi. Ad agosto 2010 Banca d’Italia chiese a Mps un aumento di capitale da 2 miliardi di euro per portare il coefficiente patrimoniale (Core tier1) al 9% come richiesto dalla normativa europea. In ottobre scattò una sorta di “commissariamento dolce” della banca, con una richiesta di aggiornamenti quotidiani della liquidità presente nel gruppo.

Nei mesi successivi Mussari rappresentò a Bankitalia la necessità di posticipare l’aumento di capitale a dopo le elezioni del 2011. Per evidenti motivazioni politiche, vista la non volontà di diluizione dalla soglia del 51% della Fondazione Mps. Ma il 6 aprile 2011, nel corso di un summit etramoenia, l’aumento di capitale divenne improrogabile. La concatenazione delle tappe, è significativa: dal 6 aprile 2011 si passò dalle elezioni comunali del 15-16 maggio, che furono caratterizzate dall’arroccamento intorno alle quota del 51% di proprietà della banca da parte della Fondazione Mps, per giungere tra il 20 giugno e l’8 luglio 2011 all’effettuazione dell’aumento di capitale, con la Fondazioone Mps che sottoscrisse la quota di sua spettanza. Svenandosi, per mantenere il 51% di una banca che si era stritolata con la proprie mani nel bel mezzo di un perverso triangolo di malefatte: l’acquisto di Antonveneta, con l’esborso di 9 miliardi e il fardello di altri 8 dovuti agli olandesi di Abn Amro; l’escalation fino a 45 miliardi dei crediti deteriorati e i pasticci fatti con i derivati. Una triangolazione letale per la banca, per la Fondazione e per la città.

Poteva essere un’ecatombe maggiore per il personale della banca. E invece, nonostante, pensionamenti, esodi incentivati e l’accantonamento di tutta una classe di quadri intermedi di derivazione senese, comunque non ci sono stati licenziamenti. Perno della manovra sul personale è stata l’operazione di esternalizzazione di personale da Mps a Fruendo,  la joint venture creata nel 2014 da Bassilichi (60%) e Accenture (40%) a cui Mps aveva ceduto i servizi di Back office. 1030  dipendenti in tutto, suddivisi fra le sedi di Siena, Firenze, Padova, Mantova, Roma, Lecce e Abbiategrasso.

Da qualche giorno i sindacati di Fruendo sono sul piede di guerra. Nel corso di un incontro con l’azienda, definito “sconcertante” dal sindacato, l’azienda avrebbe rappresentato un “rosso” nel bilancio 2015 di circa 400 mila euro. Se così sarà confermato, secondo gli  esponenti di Fabi, First Cisl, Cgil Fisac e Sinfub Uilca,  «Mps  non può disinteressarsi delle sorti dei dipendenti Fruendo». Si legge ancora nella nota dei sindacati: «Fruendo nasce il 1 gennaio 2014 e da allora, al di là delle costanti promesse di aumento dei volumi di lavoro, a distanza di quasi 2 anni, nessuna nuova commessa è stata sottoscritta, se si escludono delle piccole commesse fornite in subappalto dai due soci di maggioranza. Ad oggi la società vive della commessa Mps che ha durata si di 18 anni ma con dei canoni di servizio decrescenti, pertanto se già al secondo anno di esistenza il canone non è sufficiente a coprire gli stipendi dei dipendenti e gli enormi costi fissi che Fruendo sostiene a favore dei due soci e del Monte Paschi stesso, cosa devono aspettarsi i lavoratori già nel 2016 quando i canoni Mps saranno ulteriormente ridotti? Certo per Bassilichi 400mila euro rappresentano una perdita sostenibile, ma per i dipendenti della Srl Fruendo, che hanno perso le tutele occupazionali che la banca garantiva, una perdita anche di minor entità rappresenta un campanello d’allarme. La commessa di 18 anni non copre la durata della vita lavorativa di tutti i dipendenti di Fruendo. È sotto gli occhi di tutti – aggiungono i sindacati –  il triste esempio della Krene Srl società del gruppo Bassilichi che da tempo ha imboccato la via della crisi: alcuni dipendenti sono in cassa integrazione ed alle figure di alto profilo professionale è stata richiesta una diminuzione di livello contrattuale e di retribuzione per mantenere il posto di lavoro. Fruendo e’ stata la più grande operazione di spinoff in Italia, vero, ma l’unica del genere – concludono i sindacati – senza partecipazione societaria della cedente né garanzie occupazionali in caso di crisi».

marco-bassilichiIl presidente Marco Bassilichi non ha per niente gradito: «Amplificando problemi inesistenti – ha detto alla Gazzetta del Mezzogiorno – i sindacati creano un danno enorme all’azienda. Forse l’esternalizzazione in sé ha creato dei mal di pancia, ma noi operiamo nel rispetto dei diritti. In un contesto di crisi generalizzata del mondo bancario, pensavo che questa operazione – ha sottolineato Bassilichi potesse rivelarsi una soluzione industriale condivisa, capace di mantenere migliaia di posti di lavoro, tra l’altro con gli stessi diritti contrattuali di prima. Manterrò i posti di lavoro: il mio gruppo opera dal 1957 e non abbiamo mai licenbziato». E sulla perdita di bilancio: «Abbiamo chiuso il 2014 con un attivo da 200mila euro e se anche dovessimo chiudere il 2015 con 400mila euro di rosso, non sono preoccupato. Intanto perché i bilanci vanno letti in un’ottica di gruppo ed il Gruppo Bassilichi fattura decine di milioni di euro. Per me le cifre in questione – aggiunge Bassilichi – significano un sostanziale pareggio di bilancio. Il Gruppo ricapitalizzerebbe queste somme, che si riferiscono allo scenario peggiore, senza colpo ferire. E poi sapevamo che nei primi due anni di vita di Fruendo avremmo affrontato qualche sofferenza».

Insomma, tanto mosto davvero, nei tini senesi. Sperando che ne venga vino bono.

… per le vie del borgo

dal ribollir de’ tini 

va l’aspro odor dei vini

l’anime a rallegrar