VENEZIA – La collezione Peggy Guggenheim di Venezia è al sicuro. A dimostrarlo uno studio realizzato attraverso l’Ingv, l’Accademia dei Lincei e l’Università di Siena, che ha analizzato l’impatto delle polvere sottili sulle opere d’arte.

Il lavoro, intitolato “Magnetic and chemical biomonitoring of particulate matter at cultural heritage sites: the Peggy Guggenheim Collection case study (Venice, Italy)”, è stato appena pubblicato sulla rivista Environmental Advances e, attraverso analisi chimiche e magnetiche operate su trapianti lichenici esposti per tre mesi in qualità di bioaccumulatori del PM, ha dimostrato una moderata impronta ambientale sui soli trapianti collocati all’esterno della Collezione. Nelle sale interne, dove i licheni sono stati posizionati – in qualità di sensori biologici – sopra le opere di Picasso, Marcoussis e Boccioni, non è stato riscontrato alcun accumulo significativo di elementi chimici potenzialmente tossici (PTE).

“Lo studio fa parte di un progetto di ricerca dal titolo evocativo, ispirato dai servizi ecosistemici forniti dagli alberi, CHIOMA (Cultural Heritage Investigations and Observations: a Multidisciplinary Approach)”, ha dichiarato Aldo Winkler, responsabile del Laboratorio di Paleomagnetismo dell’Ingv e co-autore dello studio. “Tale progetto introduce le metodologie magnetiche applicate a foglie e licheni, fornendo risultati originali ai fini del controllo, della prevenzione e della mitigazione degli effetti dell’inquinamento atmosferico sui beni culturali, con una definizione difficilmente riscontrabile con altri metodi in termini di sensibilità e risoluzione spaziale”, ha aggiunto lo studioso.

“I licheni sono bioindicatori ben noti e straordinariamente efficienti, sia in ambienti interni che esterni: la possibilità di impiegarli come trapianti permette di confrontare le proprietà chimiche e fisiche prima della loro esposizione con quelle conseguenti al posizionamento nel luogo di cui si vuole delineare l’accumulo e la tipologia di particolato inquinante”, ha sottolineato Stefano Loppi, professore del Dipartimento di Scienze della Vita di UniSI, che ha curato l’esposizione lichenica e le indagini chimiche, insieme a Lisa Grifoni, dottoranda di ricerca UniSI e INGV, entrambi co-autori dell’articolo.