Il sindaco Bruno Valentini e Michele Pinassi dei Cinque Stelle, ospiti alla mia trasmissione “Di sabato” ( link) su Siena tv, hanno entrambi giocato la loro partita, come dovrebbe essere in democrazia. Una parte dice la sua, l’altra racconta un’altra storia. Ma in modo chiaro, definito dai rispettivi ruoli. Senza sofismi, senza strizzatine d’occhio ai campi avversi. Pinassi ha sottolineato il successo politico della mozione di sfiducia a Valentini, promossa dai Cinque Stelle, ma poi definita e ritoccata in un inedito gioco di squadra da parte di quasi tutte le opposizioni. Raggiunte le 13 firme, la mozione approderà al Consiglio Comunale e lì ci sarà da vederne delle belle. Il sindaco, dal canto suo, ha difeso la propria amministrazione, ha delineato obiettivi e strategie. Umanamente mi ha colpito, quando ha detto: «Posso anche essere inadeguato, ma sono una persona onesta». Io questa cosa mi sento di sottoscriverla, nonostante non abbia mai lesinato critiche – soprattutto per la promessa mancata di rinnovamento – a Valentini. Il quale, in trasmissione, ha anche detto in modo netto che non intende dimettersi neppure di fronte ai successivi e probabili rinvii a giudizio. E ha aggiunto l’elemento politico decisivo, e cioè che il Pd concorda con questa scelta : «Il mio mandato – ha detto Valentini – lo porterò in fondo per rispetto degli oltre 12.000 senesi che mi hanno votato». Quindi, a torto o a ragione, ognuno giudicherà come crede, il sindaco non si dimetterà.
L’unica alternativa sarebbe quella rivolta di popolo “alla Barbicone” a cui accenna – ovviamente in modo simpaticamente satirico – Eugenio Neri con il suo ritorno su Facebook. Improbabile, visto il sonno che caratterizza la città.
Non credo che neppure l’annuncio di Beppe Grillo che verrà a far visita al Valentini, smuova lo stesso dai suoi intenti dichiarati: «I senesi – ha scritto Grillo nel suo blog – devono convivere con l’angoscia del fallimento di MPS (un’azione oggi vale meno di un caffè) che devasterebbe l’economia della città, non possono pure essere amministrati da un sindaco su cui pesa un’accusa così grave. Valentini deve dimettersi immediatamente e lasciare che Siena torni al voto già in primavera. Se non lo farà entro i prossimi giorni andremo a trovarlo molto presto con un ospite d’eccezione, come successo ieri al sindaco Pd arrestato a Brenta, da cui è iniziato il giro d’Italia degli amministratori Pd indagati e arrestati. #ValentiniDimettiti, il conto alla rovescia è iniziato – conclude Grillo – Stiamo arrivando».
Ora, visto che Valentini ha detto chiaro e tondo che non si dimette, e presumibilmente non lo farà neppure davanti a Beppe Grillo, per chi voglia ancora sperare in un mandato finito anzitempo, non rimane che fare i conti con la mozione di sfiducia. Tredici dell’opposizione la voteranno. Mancherebbero quattro voti per mandare a casa Valentini e la sua giunta. In attesa di sapere cosa farà Mauro Marzucchi, alcuni consiglieri di opposizione fanno appello a Stefano Scaramelli che può far conto su 4-5 consiglieri nel Pd, ma anche su un consigliere in Siena Cambia: «Smetti con le scaramucce, fai votare la sfiducia ai consiglieri comunali del Pd che ti sono vicini, oppure smetti di sbraitare contro Valentini». Cioè Scaramelli dovrebbe ripercorrere la stessa strada che portò alla defenestrazione di Franco Ceccuzzi e al Commissario, facendo risultare decisivi i voti di alcuni consiglieri del Pd in aggiunta a quelli delle opposizioni. Con in più il fatto di accodarsi ad una mozione di sfiducia proposta dai Cinque Stelle, contro un sindaco entrato direttamente nel mirino di Beppe Grillo. Certo ogni trama politica a Siena, quando c’è di mezzo il Pd, può trasformarsi in un film, magari già visto. Ma pensare ad un epilogo da fantascienza ci pare surreale.
Anzi, l’affondo di Grillo può rappresentare l’appiglio più comodo, anche per i consiglieri Pd più vicini a Stefano Scaramelli, per attestarsi sulla disciplina di partito e non votare contro il Valentini. Fra l’altro la componente di Gianni Porcellotti, dentro gli organismi del Pd cittadino è stata messa alla porta, non invitata ad un “caminetto” organizzato da Alessandro Masi tra le componenti della propria maggioranza. Le persone più vicine a Porcellotti, il Masi lo hanno votato, ma evidentemente non vengono ritenute omogenee alla maggioranza del Pd cittadino.
Ma nonostante tutto scomettiamo che i consiglieri comunali del Pd voteranno compatti contro la sfiducia a Valentini, consentendogli di portare in fondo il proprio mandato? Scommettiamo che ci saranno distinguo tra i consiglieri del Pd, sottolineature, orgogliose rimestature nei vari interventi, per marcare differenze, per chiedere il fatidico “cambio di passo”, ma niente di più? Si metteranno tutti addosso delle maschere d’occasione. E si andrà avanti così, tra sussurri e grida. Tutti in cerca del posizionamento migliore per il prossimo giro. E magari con il suggello di un rimpastino di giunta, fatto apposta per tacitare la componente di Scaramelli, che a questo punto può diventare completamente organico ai tipici balletti del Pd senese, oppure starsene fuori, in attesa di costruire tempi miglioriu, pur senza far saltare il banco di Valentini-Mancuso.
Ma in fondo è anche giusto così. Perché un governo rinnovato della città non può partire da un ulteriore rimescolìo tutto all’interno degli sterili duelli piddini. Ha bisogno di processi ancora lontani: un rinnovamento reale del modo di fare politica sia nella maggioranza che nelle opposizioni; uno sforzo approfondito di analisi che sfoci in un solida progettualità per la ripartenza di Siena, per delinearne un destino diverso dall’attuale ripiegamento.
Un inciucione tra le opposizioni e una parte dei consiglieri del Pd, come è già accaduto, non è affatto detto che rappresenti la giusta piattaforma per un reale rinnovamento della città. Che avrebbe semmai bisogno di una piattaforma di nuove idee, di nuovi progetti, di persone nuove per davvero. Nuove dentro, non solo nella carta d’identità. Che magari, invece di rivendicare primogeniture generazionali dopo aver trascorso la giovinezza, per quanto riguarda quelli del Pd, silenziosi e fedeli, all’ombra dei Capi, abbiano mandato a mente il messaggio di Dylan Dog, racchiuso in uno storico album – Saluti da Moonlight – dove è ben definito il confine fra giovinezza e vecchiaia: «Si invecchia quando si abbandonano i propri sogni. Giovane è chi accetta, nonostante tutto, di continuare ad amare e a soffrire, chi non indietreggia di fronte all’incerto, e spesso crudele, gioco della vita». Chi fa questo, come Dylan, «resterà uguale a se stesso, un eterno ragazzo, fino alla fine dei suoi giorni».