Anche Unicredit e Touring Club Italiano hanno dovuto arrendersi: in Italia i dati sul turismo sono poco attendibili.
La resa finale è a pagina 108 del loro Rapporto sul Turismo 2015, in cui, dopo decine di schede molto accurate sulla situazione internazionale, le tipologie di turismo e per ogni regione italiana (consiglio senz’altro di leggerlo) si trova una dicitura tanto insolita, quanto amara: «Le stime e le valutazioni contenute nel booklet rappresentano l’opinione autonoma e indipendente di UniCredit SpA e si basano su dati e informazioni tratte da fonti pubbliche che UniCredit ritiene attendibili, ma sulle quali non rilascia alcuna garanzia e non si assume alcuna responsabilità circa la loro completezza, correttezza e veridicità».
Normale cautela da parte dell’autore del Rapporto, che vuole evitare qualsiasi complicazione legale, direte voi e avreste senz’altro ragione. Tanto è vero che lo stesso Unicredit, poche righe dopo, specifica in maniera ancora più chiara che «Gli interessati devono effettuare la propria valutazione, determinando in modo del tutto autonomo e indipendente la personale strategia d’investimento nel settore economico oggetto di analisi e la relativa adeguatezza rispetto al proprio profilo di rischio e alla propria situazione economica. UniCredit, pertanto, non potrà in alcun modo essere ritenuta responsabile per fatti e/o danni che possano derivare a chiunque dall’uso del booklet tra cui, a mero titolo esemplificativo, danni per perdite, mancato guadagno o risparmio non realizzato».
Però io dico: perfino un gigante come Unicredit e una istituzione prestigiosa e gloriosa come il Touring Club devono alzare bandiera bianca per la mancanza di dati credibili? Ma con quanti soldi si spendono in continui sondaggi, ricerche di mercato e statistiche sui temi più disparati ed ameni, non c’è nessuno che senta la necessità di commissionare uno studio serio sui dati statistici di un settore così importante – il 10% del prodotto interno lordo, oltre 2 milioni di posti di lavoro – per la nostra economia?
Ecco il punto è proprio questo: non c’è nessuno, né a livello nazionale, né a livello regionale, che vuole spendere soldi per avere dati attendibili su cui lavorare e in tempi utili, visto che adesso si finisce per lavorare con quelli di due anni fa…
Si continua ad andare avanti con i dati Istat su arrivi e pernottamenti che ogni singola struttura deve inserire e le amministrazioni provinciali raccogliere e trasmettere alle Regioni, con tassi di inadempienza sempre crescenti e conseguente perdita di valore dei dati; oppure ci si appoggia agli studi della Banca d’Italia sui movimenti di denaro, che hanno sempre lasciato qualche perplessità sulla qualità delle risposte degli intervistati.
E lo dico, perché è successo anche a me di riempire uno di questi questionari alla frontiera…