Giornata toscana per Martin Freeman ospite del Lucca Film Festival. L’attore inglese che ha raggiunto la grande popolarità grazie a ruoli come Bilbo Baggins nelle saghe del ‘Signore degli Anelli’ e de ‘Lo Hobbit’ o del Dottor Watson nella serie cult ‘Sherlock’ che a Lucca ha presentato l’anteprima nazionale del film ‘Ghost Stories’, nelle sale dal 19 aprile, per la regia di Jeremy Dyson e Andy Nyman.
Lucca set ideale per un film Il Lucca Film Festival conferisce ogni anno alcuni riconoscimenti alla carriera e, in questa edizione, uno di questi premi è andato proprio a Freeman. L’attore inglese ha dichiarato di non conoscere Lucca o la Toscana, ma di essere rimasto piacevolmente sorpreso della scoperta di questa città. «Sinceramente sono partito dall’Inghilterra grigia e piovosa, sperando di trovare un altro tempo, ma visto dove sono, sto cercando di farmi piacere anche la pioggia. Ne sto cercando e sto trovandone il lato romantico. Me ne sto davvero convincendo, visitando la città». Freeman ha raccontato di aver visitato Lucca e di aver passeggiato tra le sue strade di sera, tornando in albergo, quando ha realizzato che Lucca sarebbe un set ideale per un film come ‘Call by your name’. Albergo dove si è fatto registrare sotto falso nome, come si addice a una vera star. Blindato per i fans, si è concesso per gli autografi solo sul ‘red carpet’ prima della premiazione. Anche se lui stesso ha ammesso di essersi concesso delle passeggiate, nell’anonimato più assoluto, per esplorare la città.
Da Psycho alla passione per il cinema Il film ‘Ghost Stories’, horror nel più classico stile inglese, porta la conversazione con l’attore sul soprannaturale e Freeman si dice, alla fine, aperto a tutto quello che è possibile. «Non ho idea se esista il soprannaturale o meno – ha detto – sicuramente sono aperto a tutte le possibilità. Credo che ci sia spazio per questo genere di credenze: c’è chi le chiama soprannaturale, c’è chi le chiama religione. Alla fine sono lo stesso concetto». I film horror sono sempre stati nelle sue corde, tanto che da ragazzo li guardava in televisione e, una volta che si è trovato la sceneggiatura di ‘Ghost Stories’ tra le mani, ha subito capito di avere di fronte un film che rispettava in tutto e per tutto i canoni dell’horror inglese. E’ un film che vede intrecciarsi diverse storie, più giocato sulla paura ‘mentale’ che non quella degli effetti speciali, storie unite da un filo comune, ma alla fine separate e con un finale decisamente a sorpresa. «Sono cresciuto vedendo questi film in televisione – ha spiegato – e, quindi, ho familiarità con questo tipo di storie ‘a vaso cinese’. Conosco la tradizione dei film inglesi horror, ma non bene quanto i due registi che sono veramente appassionati del genere». Ma a convincerlo ad accettare un ruolo molto diverso da quelli che generalmente siamo abituati a vederlo è stata la sceneggiatura: «Mentre la leggevo – ha detto – mi sono reso conto che mi spaventava e quindi ho capito che sarebbe venuto un gran film». Del resto, Freeman racconta che a 7 anni la madre gli ha ‘suggerito’ di vedere ‘Psycho’, un film che per sua stessa ammissione lo ha traumatizzato per i due anni successivi, ma che è anche alla base della sua passione per il cinema. E come non parlare dei suoi horror preferiti? Ovviamente ama i classici inglesi del genere, ma cita anche ‘Il Mastino di Baskerville’ con Christopher Lee e Peter Cushing e, venendo al presente, sicuramente ‘Get Out’.
Una commedia per veicolare messaggi seri Freeman non ha dubbi: le commedie sono sicuramente il modo migliore per fare discorsi seri. Reduce dal successo di ‘Black Panther’, Freeman ritiene che il cinema di genere non sia necessariamente il miglior veicolo per quello che riguarda i messaggi ‘importanti’, quelli che parlano di tolleranza, di antirazzismo e così via. «Ultimamente – ha raccontato – ho recitato in una pièce teatrale a Londra che peraltro proprio nei giorni scorsi è stata premiata e che parla dell’evoluzione del Partito Laburista negli ultimi 25 anni. Una pièce che è di fatto una commedia e, proprio attraverso le risate, l’ironia e l’umorismo, riesce a comunicare molto bene una parte di storia sicuramente non facile». Un altro esempio citato dall’attore è il film ‘Morto Stalin se ne fa un altro’ che «ci ha fatto capire un momento storico drammatico, ma usando battute da bar, facili e divertenti. Ecco come l’humor, quando è intelligente, riesce a comunicare messaggi in modo molto più efficace rispetto a qualsiasi altra forma».
Tra fantasmi e draghi Parlando del set di ‘Ghost Stories’, Freeman ha raccontato che si era creato un buon clima tra tutti. «Non sono successe cose strane mentre giravamo il film. L’unico momento ‘strano’ – ha detto – è stato per l’elezione di Trump alla Casa Bianca, ma dopo un momento di lutto condiviso, abbiamo continuato a lavorare», dice ridendo. Diversa, invece, l’atmosfera che si era creata sul set in Nuova Zelanda dove hanno girato sia ‘Il Signore degli Anelli’, sia ‘Lo Hobbit’: qua infatti si era creato un clima cameratesco «Eravamo tutti uomini – ricorda – e nonostante il testosterone che girava, non abbiamo mai litigato. Anzi, ho stretto alcune delle migliori amicizie della mia vita privata». Non solo, sempre parlando di queste due importanti saghe, Freeman dichiara che «Peter Jackson è sicuramente uno dei migliori registi con i quali ho lavorato». Infine, se proprio dovesse affrontare un fantasma, uno zombie o un drago, preferirebbe senza dubbio Smaug: «Se mi metto a ragionare con Smaug ho delle serie possibilità di vincere – dice ridendo – ma non credo che i miei discorsi possano interessare a uno zombie».