CHIUSI – Una commedia resiliente ‘Gleen Gould, l’Arte della Fuga’ che, prima assoluta, sabato 27 novembre alle 20,45, apre la stagione 2021-22 del Teatro Mascagni. Lo spettacolo, protagonista l’attore Marco Brinzi, regia Caterina Simonelli, drammaturgia Andrea Cosentino Premio Ubu 2018, racconta il grande pianista Glenn Gould.
Nel 1964, dopo una carriera di successi, a soli trentadue anni, decise di non esibirsi più, isolandosi e intrattenendo i rapporti con il pubblico solo attraverso la mediazione della tecnologia. L’atteso debutto, dopo il rinvio il 7 agosto per la sospensione, colpa dell’emergenza sanitaria, del Festival Orizzonti, completa il progetto della Compagnia versiliese If Prana, iniziato, grazie al sostegno della Fondazione Orizzonti d’Arte, a febbraio con la residenza artistica al Teatro Mascagni. Un’esperienza importante sviluppata nel periodo delle restrizioni per la pandemia. Il gruppo, quando teatri e palcoscenici erano chiusi al pubblico, ha sviluppato la produzione, integrandosi e confrontandosi con la comunità che gravita attorno alle attività della Fondazione Orizzonti d’Arte per poi, dopo varie vicende, arrivare sabato 27 novembre.
Di nuovo a Chiusi?
«Siamo molto contenti di questo debutto – dice Brinzi -: dimostra la validità del progetto della Fondazione Orizzonti d’Arte che ha promosso e sostenuto la nostra residenza artistica. La commedia, dopo l’esperienza di febbraio, il perfezionamento di agosto, era definita: siamo venuti a Chiusi anticipatamente per le prove finali al Mascagni prima della presentazione sabato 27 novembre».
‘Gleen Gould. L’arte della fuga’?
«Il titolo e la trama rimandano sia alla composizione di Bach, le sue 19 ’fughe’ musicali del 1740, sia al grande interprete, il pianista Glenn Gould. La trama ricorda la sua scelta, all’apice del successo di non eseguire più concerti dedicandosi solo all’incisione delle registrazioni: cioè, una fuga dal pubblico».
Un progetto particolare sviluppato in un periodo eccezionale?
«Sì, anche stimolato dal lockdown quando è iniziato il nostro percorso. In un periodo in cui, per l’isolamento e i teatri chiusi, il mondo soffriva la perdita della cultura, abbiamo voluto raccontare questa situazione estrema. Il monologo è anche una metafora della fuga: è una caratteristica intrinseca all’indole umana perché l’individuo tende a fuggire, ad evadere dal presente anche senza sapere cosa lo attende nel futuro».
Uno spettacolo complesso?
«Lineare con una trama che scorre fluidamente. Un monologo piacevole, un’occasione di evasione dalla realtà di cui abbiamo bisogno».
Parlava di riflessione.
«Sì, il teatro deve essere confronto. Infatti, in ‘Gleen Gould. L’arte della fuga’ non mancano momenti di coinvolgimento del pubblico. È chiamato ad esprimere giudizi sullo spettacolo ed anche a raccontare le sue esperienze. In situazioni straordinarie, come quella che ancora affrontiamo, è importante stimolare attraverso il teatro, che si è riappropriato del suo ruolo, occasioni di incontro e di dibattito».
Perché Chiusi?
«Lo conoscevo. Sono già stato ospite come attore al Festival Orizzonti, e ci sono tornato come spettatore. Ho pensato che fosse il luogo giusto per creare un nuovo lavoro. La pandemia non ha interrotto il nostro programma. La Fondazione Orizzonti d’Arte ci ha accolti con grande ospitalità. Abbiamo contribuito a mantenere vitale il teatro in periodi in cui era chiuso al pubblico, lanciando il messaggio che stavamo creando e preparando storie da raccontare e condividere appena fosse stato possibile. Ed eccoci qua: ovviamente a Chiusi dove lo spettacolo è nato e dove deve debuttare».
Dopo Chiusi, lo spettacolo andrà in tournéè?
«É nei nostri programmi. In ogni caso, un primo risultato è stato raggiunto. Due realtà teatrali toscane si sono incontrate con un’ottima empatia. Spero che si creino nuove occasioni di collaborazione».