Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando arresti «una nuova, incipiente valanga di norme processuali»: meglio concentrare invece «l’attenzione esclusivamente sui problemi organizzativi della macchina giudiziaria, per i quali dobbiamo avere l’umiltà di riconoscere come ottimi consigli possano venire da soggetti con formazione culturale manageriale». È questo l’invito rivolto al guardasigilli in una lettera inviata da un gruppo di giuristi e docenti di diritto processuale civile: Mauro Bove (Università di Perugia), Augusto Chizzini (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Marco De Cristofaro (Università di Padova), Sergio Menchini (Università di Pisa), Elena Merlin (Università Statale di Milano) e Giuseppe Miccolis (Università del Salento).
La lettera la Ministro Nella lettera, gli studiosi sostengono tra l’altro che «si tratta quantomeno di distinguere i piani: quello delle norme che disciplinano i processi civili e quello dell’organizzazione della macchina giudiziaria. Sul primo piano molto e incessantemente è stato fatto negli ultimi venti anni. Poco e molto timidamente si è invece compiuto sul secondo piano». «Rispettosi del lavoro, duro e a volte non riconosciuto, di tutti coloro che in passato e nel tempo presente hanno e stanno lavorando alla messa a punto di nuove norme codicistiche – proseguono i giuristi -, tutte queste riforme non hanno portato alcun beneficio all’efficienza dei processi. La cosa è provata, senza timore di smentita, dall’esperienza. La verità è che non vi sono norme processuali che possano velocizzare i tempi della giustizia. E continuare a percorrere questa strada è tanto facile quanto inutile. Al punto che aprire un nuovo cantiere sul codice di procedura civile sarebbe gesto, non di riformismo, ma di conservatorismo, ripercorrendo solo strade già ampiamente e ripetutamente battute».