PISA – Il Polo della Memoria di San Rossore 1938, dell’Università di Pisa, ha ospitato questa mattina la seduta solenne del Consiglio regionale della Toscana in occasione del Giorno della Memoria.
Una giornata intensa, iniziata con le celebrazioni organizzate dal Comune di Pisa, durante le quali è stata inaugurata la stele commemorativa dell’artista Andrea D’Aurizio, con esecuzione di brani musicali da parte del coro dell’Istituto Comprensivo di Pisa ‘Leonardo Fibonacci’ a cui ha partecipato il presidente dell’Assemblea legislativa Antonio Mazzeo. Poco dopo, si è tenuta la seduta solenne del Consiglio regionale, che si è aperta con i saluti del Rettore dell’Università di Pisa, Riccardo Zucchi, ai quali sono seguiti gli interventi del presidente Antonio Mazzeo, del giornalista Gad Lerner, al quale è stata consegnata in dono una statuina raffigurante il Pegaso alato, simbolo della Regione, e del presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani.
A introdurre la seduta solenne del Consiglio regionale è stata la proiezione di un estratto video del film “Vite sospese. Dal buio alla luce” di Annick Emdin e i saluti del rettore Zucchi, ai quali sono seguiti l’inno europeo e l’inno d’Italia, eseguiti dagli studenti del Conservatorio statale di Musica “Pietro Mascagni” di Livorno; sempre gli studenti del conservatorio hanno più tardi chiuso la seduta solenne eseguendo brani inediti composti da compositori e compositrici ebrei vittime della Shoah.
In sala, oltre a molti consiglieri e assessori regionali, erano presenti il sindaco di Pisa, Michele Conti, alcuni consiglieri e assessori del Comune di Pisa, il Prefetto di Pisa Maria Luisa D’Alessandro, il presidente comunità ebraica di Pisa Andrea Gottfried, l’Arcivescovo della città Giovanni Paolo Benotto, il presidente della Provincia di Pisa Massimiliano Angori, il presidente provinciale Anpi Pisa Bruno Possenti, e molti sindaci della provincia di Pisa e tre classi delle scuole medie inferiori in rappresentanza dell’Istituto comprensivo Fucini, una classe della scuola medie inferiori Fucini di Pisa, una dell’Istituto comprensivo Galilei di Pisa e una della scuola media Castagnolo di San Piero a Grado.
“Promemoria” è il titolo della stele inaugurato stamani dal Comune di Pisa. Un’opera in marmo che ricorda a tutti cosa accadde, anche nella città, a studenti e docenti cacciati dall’Università per effetto delle leggi razziali firmate proprio a Pisa, nella Tenuta di San Rossore, nel 1938. “Un segno tangibile per contribuire a rendere più forte il monito affinché la storia non riprenda mai più certi tracciati” ha detto il Sindaco Michele Conti.
Dopo la seduta solenne, il presidente Antonio Mazzeo si è recato a San Rossore, dove ha depositato una corona sulla lapide dove nel 1938 il Re d’Italia firmò le leggi razziali. Insieme al presidente erano presenti il consigliere regionale Diego Petrucci, il prefetto Maria Luisa D’Alessandro, Riccardo Gaddi, direttore del parco San Rossore, Andrea Gottfried, presidente comunità ebraica di Pisa, Riccardo Buscemi, assessore comune di Psa, e Claudia Principe, vicepresidente del parco San Rossore.
Il saluto del Rettore Riccardo Zucchi
Ad aprire la seduta, come ricordato, è stato il saluto del rettore dell’Università di Pisa Riccardo Zucchi: “Sono onorato di poter accogliere in una nostra struttura il Consiglio regionale della Toscana e ringrazio tutti, dal presidente Mazzeo al presidente della Giunta Giani, per avere scelto questa sede che porta il nome di Polo della Memoria, grazie all’iniziativa virtuosa del mio predecessore, il professor Paolo Mancarella, un riferimento al triste evento delle leggi razziali. La memoria è un dato fondamentale, io vengo dall’area medica e biologica e non esistono funzioni cognitive e coscienza senza memoria”.
“Possiamo anche dire – ha aggiunto – che senza memoria storica a livello della società non esiste coscienza sociale. Una coscienza della società e dei suoi valori e dei suoi impegni per il futuro, non può prescindere dalla memoria così come il nostro cervello non può prescindere dalla memoria per valutare il mondo circostante. Se passiamo poi a considerare una tragedia immane quale la Shoah la cosa ha un ulteriore significato, sia specifico, legato proprio al popolo ebraico, sia secondo me più generale, legato all’umanità intera e al nostro tempo. Il profeta Ezechiele alcune migliaia di anni fa nel suo libro dice rivolgendosi al suo popolo ‘non diventerete come gli altri popoli’ dice testualmente ‘non illudetevi di poter diventare come gli altri popoli come le tribù delle nazioni’. Se questa era la profezia si è adempiuta pienamente con conseguenze positive e negative. Da un lato certamente il popolo ebraico ha saputo mantenere la propria identità, caso unico nella storia dell’umanità. Certamente è un dato oggettivo che nessuno può contestare che il popolo ebraico ha dato un contributo straordinario alla vita del pensiero, alla filosofia e alle scienze di primissimo ordine. La principale conseguenza negativa è che il popolo ebraico è stato oggetto di antagonismo e odio feroci, spesso spropositati, culminati in questo evento che è stato oggetto di una denominazione particolare proprio per riconoscerne l’unicità. E questa è anche la ricaduta sulla società del nostro tempo che va anche al di là di questa enorme tragedia”.
“Si dice spesso – ha concluso il suo intervento il rettore Zucchi – che noi siamo fortunati perché viviamo, in uno dei picchi della civiltà umana in senso positivo. Confesso che ho sempre avuto dei dubbi. Se si guardano alcuni fatti e il rispetto di alcuni valori, primo tra tutti quello della vita umana, ci sono studi storici che ci mostrano come il Ventesimo secolo sia stato il secolo delle peggiori stragi dell’umanità. La somma di morti è maggiore della somma di non so quanti millenni precedenti, e questo ci dovrebbe far riflettere su cosa sta succedendo nel nostro tempo. La memoria è essenziale per la riflessione e una delle memorie fondamentali che dobbiamo mantenere è quella che viene ricordata in questa giornata”.
L’intervento del presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo
Un monito e un applauso in segno di solidarietà per Giuliana Segre, vittima anche in questi giorni di feroci attacchi. Il presidente del Consiglio regionale della Toscana, Antonio Mazzeo apre il proprio intervento nella seduta solenne celebrata nel Polo della Memoria San Rossore 1938, a Pisa, rivolgendo il proprio ringraziamento, “a tutte le consigliere e i consiglieri regionali, i membri dell’Ufficio di presidenza, le assessore e gli assessori ragionali, alle consigliere e ai consiglieri comunali di Pisa per essere qui”. Un luogo, spiegherà a margine della seduta, “che è un luogo della memoria, in ricordo delle deportazioni di tanti ebrei, studentesse e studenti, ed è compito delle istituzioni fare la propria parte ogni giorno, non restare indifferenti, ora che tanti testimoni non ci sono più”.
Quindi si rivolge direttamente alle ragazze e ai ragazzi presenti in sala: “Le truppe sovietiche liberarono il campo di sterminio di Auschwitz e svelarono al mondo l’orrore della Shoah – ricorda Mazzeo –. Oggi sono passati tanti anni e più il tempo si allontana, più pensiamo che quella ferita possa essere rimarginata, ma non è così. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ci ricorda che non c’è futuro senza memoria. Anno dopo anno, giorno dopo giorno è venuta fuori l’imponente documentazione che ha descritto quei luoghi come l’inferno, il regno della crudeltà, dell’arbitrio e della morte. Nessuno può cancellare quello che è successo”. Quella messa in atto dai nazisti, “fu una campagna mirata: gli ebrei, i sinti, i disabili. Si cercava di cancellare completamente pezzi delle nostre comunità”.
Il presidente del Consiglio regionale richiama l’iniziativa del treno della memoria, “un’esperienza alla quale ho preso parte nel 2019, l’ultima svolta finora, ma oggi dico che quel treno ripartirà. Ha segnato il mio impegno nelle istituzioni, mi ha cambiato come persona. Feci quel viaggio con il vicepresidente Marco Casucci e con un collega che oggi non c’è più e che voglio ricordare, Massimiliano Pescini (l’Aula gli rivolge un applauso, ndr). Ci riproponemmo di far conoscere quel viaggio a tante ragazze e tanti ragazzi. Quel giorno – ricorda ancora Mazzeo – le sorelle Andra e Tatiana Bucci ci raccontarono come, bambine, riuscirono a salvarsi. Quel treno ripartirà, perché serve ricordare, perché, come ci hanno spiegato le sorelle Bucci, mentre ricordiamo e raccontiamo, costruiamo speranza”.
Un impegno necessario per il presente e per il futuro, afferma Mazzeo: “Primo Levi ci ammonisce: ‘Tutto quello che è accaduto può accadere di nuovo’. Oggi vediamo quello che succede nel mondo, le atrocità in Ucraina, in Palestina e in tante altre guerre: ci sono 56 conflitti aperti nel mondo. Dobbiamo ricordare anche per porre il nostro sguardo verso il futuro. Oggi non è solo un monito contro i crimini del passato, ma anche l’invito a costruire un mondo di pace”.
“Questa giornata sia un passaggio di testimone della memoria – conclude il presidente –. Alle ragazze e ai ragazzi prima di tutto dico: cercate di non essere mai indifferenti, anche nelle piccole cose. Possiamo costruire un mondo migliore, se ognuno di noi si fa carico della propria parte”. E in chiusura chiede un applauso per la senatrice Liliana Segre, “anche le violenze che sta subendo in questi giorni sono inaudite”.
L’intervento di Gad Lerner
Come si combatte l’antisemitismo? Il giornalista Gad Lerner non ha dubbi: conoscendo la lezione della storia e ricercando sempre e comunque la verità, pronti a farsi anche domande scomode.
Da “battitore libero”, come si è definito, ha offerto una riflessione sulla Giornata della Memoria 2025, definendola un “momento molto tormentato”: basti pensare che il Capo del Governo di Israele non parteciperà alla Cerimonia che si tiene ad Auschwitz, in quanto inseguito da un mandato di cattura internazionale. Ed ecco allora, che in termini brutali, magari in un bar qualcuno può domandarsi “nonostante tutto quello che agli ebrei hanno fatto, se Hitler avesse ragione?”. “La sensazione è pesante, come se gli ebrei avessero esaurito il credito concesso a suo tempo come popolo vittima della Shoah”, quel “popolo eletto”, come lo definisce la Bibbia. Perché essere popolo eletto significa ritrovare sé stessi abbandonando la propria terra, e benedicendo tutte le genti nel cammino, ha spiegato il giornalista.
Ecco allora che alla base di tutto deve esserci l’universalismo, e quindi “il nostro ricordare non è solo l’omaggio alle milioni di vittime delle camere a gas e dei forni crematori di Auschwitz (ebrei, rom, sinti, caminanti, omosessuali, disabili, dissidenti per prigionieri politici), ma deve guardare ai carnefici, per chiedersi come abbiano avuto consenso o magari indifferenza verso comportamenti di violenza inaudita”. “E’ questa la domanda scomoda che lo stesso Primo Levi si è posto nella sua vita e che chiede a noi di fare altrettanto: il problema della replicabilità, vedere come certi meccanismi di crudeltà di massa possano accadere di nuovo”. Da qui l’ammonimento di Levi verso i guardiani, che non erano “aguzzini” e, citando testualmente: “non erano mostri, erano fatti della nostra stessa stoffa, ma educati male”. E se può accadere di nuovo e dappertutto, pur non essendo facile scandagliare questo “abisso di malvagità che potrà coinvolgere noi stessi o i nostri figli, oggi dobbiamo esercitare un ruolo di sollecitazione critica nei confronti delle nuove fiammate di ostilità”. “Allora la maggior parte non sapeva perché non voleva sapere, voleva non sapere – ha sottolineato il relatore – mi chiedo quanti italiani intendano non sapere!”.
Continuando il proprio intervento, dopo aver rivolto un saluto al Presidente emerito della Comunità ebraica di Pisa, Guido Cava, non presente alla cerimonia per motivi anagrafici, ha ricordato la testimonianza di un’altra pisana, Liana Millul, che riuscì a salvarsi perché in più occasioni il caso decise per lei, ma “quando nel 1945 tornò in Italia capì che nessuno credeva a quello che aveva vissuto”. “Non era colpa loro, erano stati educati male – ha concluso – anche noi dobbiamo chiederci come siamo stati educati, giornate come queste devono aiutarci a porci domande scomode”.