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Vittorio Mazzoni della Stella

«Vedi Vittorio, prima c’erano i democristiani e bisognava svegliarsi a buio perché andavano nel pollaio e mangiavano l’ova. Ma ora non basta, questi mangiano le galline!». Così Vittorio Mazzoni della Stella, sindaco di Siena (’83-’90) e vicepresidente della banca Mps (’90-97), ricorda una sua telefonata, nel 2003, con «un bravissimo alto dirigente del Monte appena andato in pensione». La battuta è riportata da Nicola Cariglia nelle colonne del portale d’informazione Pensalibero.it. Riportiamo alcune risposte di questo editoriale (leggi) perché riteniamo potranno contribuire ad avere un quadro più completo di quel che sta accadendo.

La stagione senese di Buongoverno Socialista storico, Vittorio Mazzoni della Stella è stato uno dei protagonisti a Siena a cavallo tra gli anni ‘80 e ’90. Con lui il Psi nel 1988 in città arrivò al 21% dei voti e prese 9 consiglieri su 40; con lui la banca arrivò a mettere a bilancio tra i 15/20mila miliardi di lire di patrimonio e divenne uno degli istituti di credito più ricchi d’Italia e meno contendibili. Una storia di Buongoverno che merita di essere ricordata in questi giorni tristi in cui a venire alla mente è l’altra speculare allegoria dipinta da Ambrogio Lorenzetti in palazzo Pubblico. «Nel 1997, pur da vicepresidente, – racconta Mazzoni della Stella – ho firmato il bilancio di Mps, già società per azioni, ma non ancora quotata in borsa. Lo feci in sostituzione di Giovanni Grottanelli De’ Santi che nel frattempo era diventato presidente della Fondazione. Un bilancio certificatissimo, per il passaggio da Istituto di credito di diritto pubblico a spa e per lo scorporo tra patrimonio della Fondazione (all’epoca la più ricca di Italia) e patrimonio bancario. Ecco, tramite quel bilancio, Banca Mps ‘esibiva’ 14.460 miliardi di lire di patrimonio netto ai fini di vigilanza e plusvalenze implicite calcolate prudentemente tra 15.000 e 20.000 miliardi di lire». In quegli anni nella Democrazia cristiana c’era Alberto Brandani e nel Pci Sergio Bindi. I tre erano gli uomini più influenti della politica cittadina. I tre, pur da forze politiche ora contrapposte ora alleate, furono in grado di portare la banca e la città ai vertici nazionali. Oggi Brandani (Udc) è da pochi giorni presidente della banca di Spoleto, Bindi appoggia la corsa a sindaco di Franco Ceccuzzi (Pd), mentre Mazzoni della Stella è da tempo lontano dalla ribalta politica.

«I 14 mld di Grillo? Approssimazione per difetto» Nella sua intervista con Cariglia, Mazzoni commenta i recenti fatti di banca Mps e la prima battuta la riserva all’intervento di Beppe Grillo che in assemblea dei soci di venerdì scorso aveva parlato di un ammanco di 14 miliardi di euro in Mps (leggi), cui il presidente Profumo aveva replicato di spiegare meglio dove avesse ricavato quel dato. «Per avere un’idea ancora più vicina alla realtà, torniamo ai nostri primi manuali di diritto e consideriamo oltre al “danno emergente” anche il “lucro cessante”. I soldi bruciati, una massa sicuramente enorme, avrebbero naturalmente dato i loro frutti. Consideriamo anche questo, ed ecco che i 14 miliardi di Grillo sono una approssimazione per difetto».

«Le perdite dei derivati come i peli di bove» Mentre sui prodotti derivati (Alexandria, Santorini et alia) che hanno scosso le cronache di questi ultimi giorni, arriva una originale lettura. «I derivati sono una questione marginale. Prima che questi si vendessero l’argenteria, quelle perdite sarebbero state, al massimo, come togliere un pelo ad un bove (…) è come se uno facesse una strage e, dopo averla fatta, tirasse un calcio ad un cane. Ci sono due filoni di comportamenti da tenere distinti. Sul primo, gli illeciti penali, sono da sempre e come sempre garantista. Se la vedranno i magistrati e le varie parti in causa, danneggiati e danneggiatori. Posso dire che una volta tanto il mio garantismo trova conforto nel fatto che anche la magistratura senese è garantista ed estremamente cauta».

«Mps, una banca spolpata e rapinata» «C’è un regolamento di conti all’interno di una vicenda che è criminale – continua Mazzoni -. Della quale, però, sono già del tutto evidenti le responsabilità politiche. Una Banca tra le più solide è stata spolpata e rapinata sistematicamente ed usata per alimentare quel potere che è il solito che poi decide sugli assetti dei vertici bancari. Una spirale nella quale si è finiti col giocare in maniera sempre più spregiudicata, spinti anche dalla volontà di coprire gli errori e le porcherie precedenti. Si sono comportati come giocatori di azzardo che cercano di rifarsi con colpi sempre più arrischiati. I derivati dopo la acquisizione di Antonveneta. Antonveneta dopo la Banca del Salento».

I politici della Prima e della Seconda Repubblica «La classe politica di Siena, che ha deciso sindaci, presidenti della Provincia e, di conseguenza, i vertici di Fondazione e Banca MPS, è sempre stata Pds-Ds-Ulivo-Pd. Gli altri, il Pdl, sotto il tavolo aspettando le briciole, ed anche questo spiega molto. (…). Mentre con gli amministratori nominati dalla politica della prima Repubblica, dunque con i ladri per antonomasia, il Monte dei Paschi esibiva i conti che ho detto prima. Aveva 23.000 dipendenti contro i 31000 di oggi. I dirigenti erano una cinquantina e sono arrivati a 500 prima che ne mandassero 150 in pensione anticipata. E tutto questo, bada bene, nonostante la drastica riduzione del perimetro del Monte dei Paschi che possedeva Banca Toscana, Credito Lombardo, Cassa di Risparmio di Prato, Steinhauslin, e altri istituti e filiali in mezzo mondo».

Leggi intervista completa: MPS: prima andavano nel pollaio a mangiare le uova, ora le galline